Molti sono indicati col nome dei santi. Ma non ci saranno santi cui votarsi per "salvare" la miriade di ospedali che in queste settimane sono sotto la lente di ingrandimento dell'Ares, l'agenzia regionale sanitaria diretta da Mario Morlacco, incaricata di disegnare il riordino della rete ospedaliera.
Il restyling della sanità pubblica pugliese, si sapeva, sarà drastico. Le indicazioni del decreto "agostano" del ministro della Salute, Girolamo Sirchia, varato anche dalle Regioni, erano chiarissime: bisogna razionalizzare, tagliando il quattro per cento dei postiletto esistenti, e di questi il due per cento va riconvertito equamente tra lungodegenza e riabilitazione. Applicato in Puglia, significa passare da 22 mila posti a 18 mila, cui si aggiungono i mille della lungodegenza e i mille destinati alla riabilitazione.
Che la razionalizzazione della rete ospedaliera pugliese, sia a buon punto, lo "tradisce" la circolare che il "governatore" Raffaele Fitto ha inviato il 12 febbraio ai direttori generali delle 12 aziende sanitarie e delle sei aziende ospedaliere operanti in Puglia: non si deve assumere perché, con il riordino, ci saranno esuberi di personale.
Dall'Ares trapela meno di nulla. In via Caduti di tutte le guerre, sede dell'Ares - dicono - si sta cercando di completare un puzzle dove i tasselli del riordino dettato dal decreto ministeriale di agosto devono integrarsi con la rete dell'emergenza, l'ormai tristemente famoso "118" pugliese. Ma c'è un altro puzzle che già delinea il destino di molti ospedali. «Nessuno sarà chiuso, molti saranno riconvertiti», ripetono i detentori di un riserbo blindato e impenetrabile. Ma gli indizi ci sono. Il tasso di utilizzazione, ad esempio: se un ospedale è sotto la soglia del 75 per cento, è da considerarsi "a rischio". Un altro indizio determinante è la classificazione dell'Oms, l'organizzazione mondiale della sanità: gli ospedali ad alta specialità, quelli di media dimensione, quelli territoriali. I primi hanno non meno di 400 postiletto, i secondi da 350 a 250, gli ultimi al di sotto dei 250. «La partita si gioca a tutto campo, nessuno rimarrà indenne», promette una informata fonte vicina alla giunta regionale. La "rivoluzione" sarà visibile soprattutto per i "piccoli" ospedali, quelli cosiddetti territoriali, per i quali la ruota della fortuna ha solo alcune chance: poliambulatori, residenze sanitarie per anziani, medicina territoriale. Qui ci si potrà ricoverare, ma per i casi "gravi", bisognerà spostarsi di qualche chilometro.
Qualche idea comincia ad essere più chiara ai direttori generali. E non è un caso che il manager della Asl più grande della Puglia, la Ba/4, si sia lasciato sfuggire una previsione "catastrofica" per un paio di ospedali di competenza, per giustificare la mancata stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili in servizio. Giovanni Pentasuglia, il manager della Asl Ba/4, sa che il destino del "Fallacara" di Triggiano e dell'ospedale di Bitonto, è praticamente segnato. Non saranno chiusi ma riconvertiti, certamente "depotenziati" in favore dell'ospedale "San Paolo", che potrà fregiarsi dell'«alta specialità». Rutigliano è già chiuso per fare spazio alla riabilitazione che non parte.
Sulla dorsale adriatica, a nord di Bari, di "alta specialità" resteranno Barletta e Molfetta, all'interno il "Bonomo" di Andria. Sacrifici in vista per il "San Nicola Pellegrino" di Trani, gli ospedali di Bisceglie, Corato e Spinazzola, il "Sarcone" di Terlizzi, l'ospedale di Ruvo già "riconvertito" come quello di Minervino.
Sulla Murgia, il nuovo ospedale di Altamura e Gravina costerà caro a Grumo, a Toritto. Per Santeramo la direzione generale della Asl Ba/3 ha già deliberato la chiusura. A sud, il polo di alta specialità sarà tra Putignano e Monopoli. Ne sanno qualcosa a Locorotondo e ad Alberobello, i cui presidi sono in attesa di destinazione.
La cura dimagrante colpirà la provincia di Foggia: "San Giacomo" a Torremaggiore, "San Michele" a Monte Sant'Angelo e "Umberto I" a San Marco in Lamis sono a rischio. La scure potrebbe non escludere nemmeno il "Lastaria" di Lucera. Ci sarà la mano pesante anche nel brindisino, tra Mesagne, San Pietro Vernotico e Fasano. Destino segnato nel leccese per Campi Salentina e Gagliano del Capo, mentre per Maglie è stato ritagliato un ruolo per lungodegenza.
Nel tarantino ridimensionamento in vista per Manduria, Massafra e Grottaglie. A Mottola il problema non si pone: l'ospedale c'è ma non è mai stato aperto.