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Data: 03/10/2002 - Ora: 09:51
Categoria:
Politica
"L’epilessia è un problema sociale – ha detto il professor Bruno Passarella, primario del reparto di Neurologia dell’ospedale "Perrino" – talmente complesso che per dibattere tutti quanti gli aspetti interessanti ci vorrebbero più riunioni di questo tipo, che spero faremo. Di nuovo in questi ultimi anni c’è stata soprattutto la comparsa di farmaci efficaci e meglio tollerati dei precedenti. Inoltre, si sono affinate alcune metodiche chirurgiche e, da qualche anno, sta dando degli ottimi risultati anche l’applicazione dello stimolatore elettrico vagale".
Tra gli argomenti trattati durante il workshop di particolare importanza sono risultati: "sonno ed epilessia del lobo temporale" del dottor Halasz di Budapest, "epilessia e depressione" del professor Passarella dell’ospedale "Perrino" di Brindisi, "stati di male epilettico" del dottor Mazza di Roma e "le crisi sintomatiche e occasioniali" della dottoressa Cecilia Nozzoli dell’ambulatorio epilettologico dell’unità operativa del «Perrino. Si tratta di una struttura che dispone di moderne attrezzature e di forme terapeutiche all’avanguardia che ha in cura oltre 450 pazienti, in prevalenza adulti.
Le epilessie possono sorgere in qualsiasi momento e ad ogni età, considerato che ogni malattia o incidente in grado di provocare un danno cerebrale può esserne causa. Alcune forme di epilessia infantile, invece, non hanno alcuna causa riconoscibile e sono probabilmente determinate geneticamente.
Ma come bisogna porsi nei confronti di un malato di epilessia?
"Innanzitutto bisogna supportali – afferma il professor Bruno Passarella – sia dal punto di vista sociale che affettivo. Uno dei problemi dell’epilessia non è soltanto la crisi in sé, ma quello che ciò comporta in termini di stigma, questo è il termine che si usa per indicare quel tipo di discriminazione che a volte si fa nei confronti dell’epilettico, che finisce per avere problemi lavorativi, per guidare un’automobile ecc. Il dover fare fronte a questi ulteriori problemi porta molto spesso ad una depressione che rende la qualità della loro vita piuttosto precaria".
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