Il Consiglio di Stato, nell'udienza del 27 settembre 2005, ha dato ragione al Tar di Lecce, condividendo le motivazione e ha quindi respinto il ricorso dell'Università di Lecce
Salve,
sono Alessandro Gravili, lo studente che ha dovuto far ricorso al Tar di Lecce per essere ammesso all'esame di laurea.
L'Università (di Lecce, ndr), dopo aver prima accolto la domanda di laurea breve, la pre-iscrizione alla laurea specialistica, ammettendomi quindi a frequentare i relativi corsi a partire dall'inizio dell'anno accademico, mi nega poi la possibilità di discutere la tesi di laurea.
Questo, attraverso un diniego, di fatto/verbale mai formalmente comunicato, sebbene avessi superato tutti gli esami previsti dal piano di studio (pari a 180 crediti) in due anni piuttosto che in tre. Secondo l'Università, la durata del corso di laurea doveva
essere di tre anni e non di soli due anni.
Invece, per il Tar di Lecce, laurearsi in due anni è possibile, se si superano tutti gli esami previsti e acquisendo 180 crediti. E' questo il principio innovativo affermato dall'ordinanza del Tribunale
amministrativo di Lecce del 25 maggio 2005 n. 491.
L'Università di Lecce, non soddisfatta, ha impugnato l'ordinanza del Tar davanti alla VI Sezione del Consiglio di Stato (Ricorso numero: 7002/2005).
Il Consiglio di Stato, nell'udienza del 27 settembre 2005, ha dato ragione al Tar di Lecce, condividendo le motivazione e ha quindi respinto il ricorso dell'Università di Lecce, rappresentata dall'Avvocatura dello Stato, contro lo studente Alessandro Gravili, rappresentato dall'avvocato Vincenzo Greco.
In realtà, il ricorso dell'Università lascia sconcertati, perché l'unico argomento nuovo che riesce a rappresentare davanti al Consiglio di Stato, è quello secondo cui il conseguimento anticipato della laurea arrechi un grave danno economico per l'ente, dovendo rinunciare ad un anno di tasse non riscosse.
"Avallare la carriera dello studente Gravili - si legge nel ricorso - significherebbe contraddire la regolamentazione datasi dall'Università con la previsione della durata triennale dei corsi di primo livello anche sotto il profilo "contabile", ove si consideri che ad una articolazione dei corsi di studio in termini di "triennio" è strettamente collegata la programmazione "triennale" delle tasse dovute dagli studenti in relazione all'iscrizione ai singoli anni di corso e le previsioni in ordine alle entrate
contabili cui sono correlate le attività programmate su base triennale. Anche in questo caso, permettere il completamento del corso di studio nel vantato biennio - a fronte di una specifica regolamentazione di durata triennale - porterebbe ad un notevole sbilanciamento rispetto alle previsioni in termini di contributi
richiesti agli studenti e di introiti per l'Università».
Insomma, essere bravi è consentito, ma senza esagerare.
Simile argomentazione, oltre che assurda ed inaccettabile, è - all'evidenza - sia incoerente con tutto l'ordinamento universitario, attuale e precedente, con le sue finalità, sia palesemente infondata ed in contrasto con le stesse specifiche norme regolamentari dell'Università degli Studi di Lecce le quali prevedono, espressamente, l'esonero totale dalle tasse universitarie per gli studenti che conseguano la laurea ""entro un numero di anni di iscrizione all'università pari alla durata normale degli studi ."", (D.P.C.M. 9 aprile 2001).
L'Università preferisce forse una permanenza indefinita degli studenti nei rispettivi corsi di laurea, in modo che, con le corrispondenti tasse annuali, si possa far cassa e garantire un maggior flusso di entrate?
Autore: Alessandro Gravili