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Data: 04/05/2001 - Ora: 09:43
Categoria:
Sport
Brutta gatta da pelare, la squadra di Cavasin, quando si mette in testa un obiettivo e non si perde in inutili ed esasperanti cavalcate senza meta. Ma, anzi, alza la testa e riparte, ragionando. La Juventus non l’ha capito subito, ed è stato questo il più grande errore della squadra di Ancelotti. Alla prima –solita – gaffe difensiva del Lecce è passata in vantaggio, crogiolandosi nel sogno di un prossimo aggancio alla Roma. Ed ha permesso allo spirito guerresco di un Lecce particolarmente cinico di esplodere subito, affondando il gancio che ha stordito la "vecchia signora", ripresasi solo nei minuti finali, quando è suonata tardivamente la sveglia bianconera (e buon per il Lecce, quindi…).
Forse, per puro paradosso, l’arma vincente è stata proprio la formazione rimaneggiata, letteralmente escogitata in settimana. Senza i cursori Tonetto e Balleri, senza il bomber Lucarelli, senza il libero Viali, Cavasin ha dovuto cercare di risolvere tante, troppe grane in un lasso di tempo molto breve. E, per di più, nella consapevolezza di una trasferta sulla carta proibitiva. Di sicuro, però, chi è stato chiamato a rimpiazzare i titolari, ha messo nelle scarpette mille motivazioni. Malusci, dopo aver giocato a Roma un secolo fa, sembrava relegato in soffitta. Juarez, entrato nella ripresa, ha voluto subito dimostrare che è il lottatore accanito di sempre. Per Osorio e Vasari, poi, c’era la possibilità di partire titolari in una grande piazza. E, proprio loro, messi accanto a Vugrinec, sono stati un po’ la sorpresa. Sorpresa di un Lecce schierato in modo insolitamente offensivo, nonostante le tante assenze. Segno evidente che sarebbe stata una squadra volitiva.
Il punto di forza, comunque, si è rivelato il folto centrocampo, nel quale un Piangerelli in gran forma ha dettato i tempi con Conticchio, anima e cuore della squadra, e forse non per caso distintosi in qualità di trascinatore e quindi realizzatore del gol liberatorio, nel momento del bisogno. Il ritorno di Ingesson in campo, invece, ha avuto soprattutto lo scopo di arginare la fantasia di Zidane, compito nel quale si è ben distinto, fino al dubbio rigore provocato nel convulso finale. Che è coinciso con l’unico, vero momento di chiusura della formazione nelle retrovie, a difesa di un punto tanto prestigioso, quanto preziosissimo.
Sabato, però, c’è alle porte il Brescia, diventato temibile da quando Baggio l’ha ripreso per mano, dopo aver smaltito l’infortunio. Sarà un’altra battaglia. E, questa volta, non si può fallire. Pena: dover tentare la sorte in due insidiose trasferte consecutive sui campi delle venete, con l’acqua alla gola a causa di una posizione in classifica davvero poco invidiabile.
Emilio Faivre
Cos’è piaciuto
La grinta, soprattutto, con cui il Lecce ha superato i propri sbandamenti. Fallire l’appuntamento di Torino era plausibile, invece la squadra ha recitato perfettamente il proprio copione in un primo tempo giocato a viso aperto, dovendosi poi coprire nella ripresa. Il centrocampo ha funzionato alla perfezione, e sulle fascia sinistra ha convinto ancora una volta Colonnello. A volte non è perfetto stilisticamente, ma sa essere comunque incontenibile, sia in copertura, sia in fase di spinta. Il suo apporto mancherà sicuramente, sabato: dovrà saltare la sfida con il Brescia per squalifica. Grande anche Conticchio, che ha regalato ai tifosi un gol da incorniciare, un’incornata rabbiosa e perfetta, sulla quale neanche un gigante come Van der Sar ha potuto far niente.
Cosa non è piaciuto
Non è educato trovare dei lati spiacevoli, quando si conquista un punto d’oro sul campo della Juventus. Ma l’errore di Savino (piuttosto sfortunato, peraltro) che ha consentito a Tudor di infilare l’angolo sinistro di Chimenti, si segnala come l’ennesimo di una stagione non proprio felice, per la retroguardia salentina. Savino ha avuto quest’anno alti e bassi, così come Juarez. A volte, anche il giovane e promettente Dainelli, emerso con incredibile autorità in un momento critico dell’anno, a ha "tradito" le aspettative. Notevolmente sottotono è poi Pivotto, Malusci ha classe indiscutibile, ma qualche volta non ha brillato in interventi decisivi. Forse solo Viali ha mantenuto alta la sua bandiera. È un po’ la maledizione del Lecce, quest’anno, una certa disattenzione difensiva, ma forse è anche lo scotto fisiologico che si paga quando si tende ad attaccare molto.
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