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Data: 25/09/2001 - Ora: 10:45
Categoria:
Politica
La «rivoluzione» della sanità pugliese annunciata sabato scorso dal presidente della Regione, Raffaele Fitto, alla festa regionale di Alleanza nazionale, non spaventa chi, ogni giorno, è «in trincea», negli ospedali, nelle cliniche universitarie, gli «operatori» di una sanità che ha i conti in rosso e per la quale si sta preparando una «cura da cavallo», da lacrime e sangue, per far tornare in carreggiata i bilanci dell'intero sistemaPuglia.
Fitto non ha usato mezze parole: tagliare i rami secchi, razionalizzare la spesa, e in alcuni settori, come lungodegenza e riabilitazione, aprirsi a una gestione mista tra pubblico e privato.
I rami secchi sono i postiletto sottoutilizzati: dai 22 mila attuali bisognerà scendere a 20 mila e die questi non meno di duemila vanno riservati ai centri di riabilitazione e alle residenze per anziani. Così «impone» una parte del decreto legge che ha recepito l'accordo tra Stato e Regioni sulla ripartizione del fondo sanitario.
E così tutti si sono messi al lavoro. L'assessore al bilancio, Rocco Palese, promette di mettersi a studiare i «correttivi» alla legge 28 del 2000 per renderla più rigida nel «prossimo fine settimana libero» che avrà. L'assessore alla sanità, Salvatore Mazzaracchio, fa i conti «con i 50 miliardi di debiti che mediamente hanno accumulato nel 2000, aziende sanitarie e ospedaliere» che faranno registrare uno splafonamento della spesa intorno ai 700 miliardi e può solo «auspicare» per il 2002 di eliminare almeno il «blocco» alle assunzioni.
Anche il direttore generale della neonata agenzia regionale della sanità, Mario Morlacco, sta facendo gli «straordinari» per preparare, come vuole Fitto, piano sociosanitario e riordino della rete ospedaliera entro la fine del 2001.
La «rivoluzione» spaventa forse i manager della sanità pubblica pugliese, soprattutto quelli in odore di decadenza, che fanno fatica, con o senza buona volontà a reggere la «baracca».
La «rivoluzione» di Fitto non spaventa, invece, due eminenze della medicina come Luigi De Luca Tupputi e Riccardo Marano. Il primario della cardiochirurgia del Policlinico, innanzitutto, «plaude» all'istituzione dell'agenzia. E non si dice preoccupato che su un diritto fondamentale come quello della salute, si possa attuare una politica di bilancio: «Non è solo un problema pugliese, la situazione è generale». Ammette di essere un «privilegiato» lavorando per l'Università, ma non considera un'eresia l'apertura ai privati in settori come la lungodegenza e la riabilitazione: «Se Fitto pensa questo fa bene, ma occorre sempre un confronto, un maggior rapporto nell'ambito di chi lavora nel pubblico».
Una politica essenzialmente di bilancio nella sanità non spaventa nemmeno Riccardo Marano, ex direttore di Medicina ospedaliera: «Una bonifica economica va fatta ma che sia globale per dare davvero ai pazienti il diritto e non l'aspirazione alla salute. «Si possono anche tagliare i postiletto - aggiunge - ma deve esserci anche un controllo rigoroso». Quanto alla «privatizzazione» di alcuni comparti della sanità, Marano dice subito che si «tratta di una grossa scelta politica». Ma non lo entusiasma il modello lombardo: «Parrebbe dai dati disponibili che in Lombardia la gestione mista non abbia prodotto i risultati sperati nella cura degli acuti, ma per la riabilitazione e la lungodegenza è un esperimento che va tentato».
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