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Data: 17/04/2002 - Ora: 09:32
Categoria:
Cronaca
Il vento fa agitare le bandiere, come fossero una lunga e interminabile "ola"; il sole illumina le facce, che sono una galleria di quadri. Vestiti che sanno di terra e di sudore, donne fasciate nella kefiah, gettata con noncuranza apparente sulla spalla, mamme con i figli, di 1012 anni, che lanciano improperi contro la Moratti, i pensionati di Cerignola con mani grosse che ricordano la zappa, i ragazzi della Rete noglobal, i Disobbedienti, quelli del Social forum, dei Centri sociali, che dimostrano di essere vivi e vitali, e ballano e suonano con allegria tamburi e tamburelli, i docenti di diritto del lavoro, materia giuridica tristemente conosciuta un po' da tutti ormai, dopo l'assassinio di Marco Biagi, impacciati ed educati. E gli investigatori privati, le casalinghe, i poliziotti del Siulp e dell'Osapp, l'organizzazione sindacale autonoma delle guardie di custodia. Ma soprattutto, un paio d'insegne dell'Ugl, l'ex Cisnal di almirantiana memoria.
Sì, ci sono proprio tutti. Né erano stati mai così in tanti. «Dal dopoguerra ad oggi, è la più grande manifestazione organizzata in Puglia» racconta Mario Loizzo, consigliere regionale dei Ds e già autorevole "capopopolo" della Cgil. «Come dice Sergio Cofferati, è lo sciopero dei diritti contro gli arbìtri». Beppe Vacca, segretario della Quercia nel tacco d'Italia, fa sì con la testa per metà compiaciuto e per metà compiacente: «È un corteo imponente». Michele Losappio, di Rifondazione comunista, orgoglioso e nostalgico: «È da tanto tempo che non vedevo insieme gli operai, in pratica tutti gli operai, della zona industriale di Bari», gongola. Sorride, Loizzo: «Né poteva essere diversamente, Michele. L'ultima astensione generale dal lavoro, risale al 1994».
Il corteo è un fiume in piena che scorre tranquillo per le strade della città, tra gli sguardi compiaciuti e divertiti di quelli che magari si trovano per caso da queste parti, ma non riescono a dare torto a chi fischia, grida, o semplicemente, passeggia senza sbraitare né agitarsi, però non vuole rinunciare ad indignarsi sull'articolo 18, che il governo della Casa delle libertà tenta in qualche modo di esorcizzare. Ordinata e pacifica, la protesta. Sullo sfondo, slogan per forza di cose irriverenti quanto ironici: «Noi non abbiamo televisioni, parleremo nelle piazze», «Anche un girotondo può cambiare il mondo», «Licenziamo il presidente operaio per giusta causa», «Sempre troverete nel sindacato 10, 100, 1000 Cofferati», «Maroni se l'articolo 18 vuoi toccare, contro i lavoratori devi lottare».
Lavoratori progressisti o conservatori, non c'è differenza. Anche se nel quadrato della rabbia, i vessilli sono tutti dell'Ulivo: quelli dei Ds, di Rifondazione, dei Verdi, di Di Pietro. «Siamo per i leader consacrati dalla piazza» fa sapere ai giornalisti Giuseppe Pirro. «Torneremo a vincere con la coppia ProdiCofferati» gli risponde qualcuno, e sghignazza. A pochi metri dal segretario dei Popolari, c'è il presidente della Provincia di Bari Marcello Vernola e il coordinatore della Margherita Guglielmo Minervini. Sullo sfondo di piazza Prefettura, troneggiano i gonfaloni di cinque comuni: Modugno, Trani, Bisceglie, Mottola e Brindisi. In un'occasione come questa, di festa e di furore, capite che ha ragione Massimo D'Alema quando avverte: «Non necessariamente una qualsiasi mobilitazione messa su dai sindacati, automaticamente trasferisce consensi alle elezioni per il centrosinistra». Onofrio Introna è d'accordo, ma il segretario dello Sdi fa notare: «Tuttavia è vero che sia pure involontariamente, i sindacati aiutano soprattutto i Ds. È come se il "popolo della sinistra" venisse spinto ancora una volta ad occuparsi di politica, e a cercare di arginare con tutti i mezzi possibili e immaginabili l'onda lunga berlusconiana». Pietro Folena, deputato di Manfredonia, non sta nella pelle: «Questa è una giornata stupenda, in particolare per il Mezzogiorno. C'è una fortissima presenza di giovani: sono lavoratori precari, studenti. Una cosa così non capitava da anni: la parte migliore della società meridionale si è messa in moto per rivendicare un'idea di sviluppo contro ogni forma di prepotenza».
Il comizio? Comincia, va avanti e finisce quando la marcia dei cinquantamila continua ad attraversare le vie della città. Dagli altoparlanti risuonano le note della "Internazionale", gli operai della Natuzzi cantano «Chi non salta Berlusconi è», un gruppo di giovanotti, fiero l'occhio e lento il passo, ha il petto in fuori per fare in modo che tutti possano notare, e ammirare, le felpe rosse, sopra c'è scritto: «Io non ho votato Berlusconi».
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