Altra voce nel panorama, variegato e complesso, dei sostenitori e dei contrari alla costruzione di un rigassificatore a Brindisi
I consigli comunale e provinciale discuteranno, fra l’altro, la questione rigassificatore, che oramai da troppo tempo occupa il nostro tempo.
E allora, da elettori, vorremmo porgere ai consiglieri comunali e provinciali alcune riflessioni, che ci sembrano più che attuali, specialmente per coloro i quali, spogliandosi del mandato ricevuto dai cittadini, hanno delegato (come è stato riportato dalla stampa locale) le loro decisioni sull’argomento ad altri.
Dobbiamo ricordare che la produzione di elettricità nell’impianto ENEL di Brindisi Nord avveniva bruciando olio combustibile i cui fumi producevano danni ai cittadini ed alle coltivazioni.
Atteso che all’epoca erano in costruzione i metanodotti per la distribuzione del gas nell’Italia Meridionale, si pensò, giustamente, che lo si sarebbe potuto utilizzare per alimentare la centrale ENEL di Costa Morena, agevolando la generazione di elettricità senza causare danni alla salute della popolazione ed alle colture della zona.
Il sogno, però, durò poco, perché la SNAM avrebbe dovuto costruire una "bretella" per l’adduzione del gas i cui costi, però, sembravano all’epoca insormontabili.
L’ENEL, perciò, decise di far funzionare i generatori a carbone e per tale motivo realizzò un parco carbone dove stoccare il minerale scaricato dalle navi, in attesa di poterlo impiegare nei gruppi di produzione.
Nel frattempo, abbiamo avuto occasione di verificare che, nonostante l’impiego di filtri di ultima tecnologia, i fumi prodotti dalla combustione del carbone producevano anch’essi scorie altamente dannose.
Non ci è parso vero, quindi, che a Brindisi s’impiantasse un rigassificatore, peraltro in una zona all’uopo destinata dal Piano Regolatore del Porto, perché finalmente non avremmo subito i danni del carbone.
L’ENEL, infatti, approfittando dell’occasione, si associò da subito alla British Gas perché, evidentemente, ciò avrebbe agevolato anche quelli che potevano essere i futuri costi dell’approvvigionamento di gas.
A questo punto ci saremmo aspettati che i nostri amministratori, che sembrava avessero molti dubbi sulla realizzazione a Brindisi del rigassificatore, si fossero seduti intorno ad un tavolo e, con l’ausilio di gente esperta, avessero cercato di vedere più chiaro nella questione, anche al fine di informare correttamente i propri elettori. Invece NO! Senza mezzi termini hanno iniziato a contrastare la costruzione del rigassificatore appoggiandosi ad un’ammucchiata di pseudo ambientalisti.
Perché pseudo ambientalisti, perché invece di curarsi dei danni veramente gravi, concreti ed attuali, che potrebbero essere causati dallo scarico del propano allo stato gassoso che avviene già da molto tempo a Punta delle Terrare, in vicinanza dei traghetti e quindi di passeggeri ed auto in transito, come abbiamo più volte denunziato, predicano di effetti devastanti di eventi futuribili.
Noi ci siamo chiesti, come avrebbero dovuto fare i nostri amministratori pubblici, ma questo rigassificatore è veramente pericoloso come si dice?. Siccome non siamo abituati a parlare e soprattutto ad agire a vanvera, abbiamo fatto le nostre ricerche, che abbiamo condensato in un articolo proposto all’opinione pubblica attraverso i giornali locali.
In estrema sintesi, abbiamo appreso che:
1.il gas metano naturale diventa liquido a -162^C e, in questo stato, può essere trasportato con navi gassiere (o metaniere) e, una volta raggiunta la destinazione, viene scaricato nei serbatoi del rigassificatore;
2.può, quindi, essere ritrasformato in gas (aeriforme) ed essere immesso nella rete di distribuzione, generando, fra l’altro, in tale trasformazione molte frigorie che possono venire riutilizzate nell’industria della surgelazione;
3.ma è stato reclamizzato, sostenuto e divulgato lo spauracchio delle esplosioni. In realtà, invece, questi impianti hanno gli stessi standard delle raffinerie: il metano non è mantenuto in pressione (quindi non PUO’ deflagrare come una bomba), non è tossico se si disperde nell'ambiente, è insolubile in acqua (se ne va sotto forma di bollicine) e ha una temperatura di accensione di circa 530^C. Per incendiarlo, cioè, servirebbe una fiamma molto più calda di quella che incendierebbe la benzina o la legna, che bruciano già a 250^C.
4.il Giappone, con un territorio grande quasi quanto l’Italia, ne conta ben 24, dei 32 di tutta l'Asia e non si é mai sentito che qualche rigassificatore sia mai scoppiato, nonostante che quelle regioni siano continuamente afflitte da pericolosi terremoti ed altro ancora.
A noi viene il dubbio, dopo l’uscita dell’ENEL dalla joint venture con la British Gas che ci sia un "Partito del Carbone" che non vuole assolutamente che a Brindisi le centrali ENEL vengano alimentate a gas (forse bisognerebbe intervistare in merito qualche giornalista al servizio dell’ENEL parente del nostro Sindaco).
Il Presidente della Regione, on. Vendola, poi, vorrebbe che il rigassificatore si facesse a Taranto, forse perché questo potrebbe indurre qualche grosso appalto per costruire la bretella che la SNAM a suo tempo non realizzò, perché troppo costosa?
L’intendimento nostro è quello di invitare ad una seria meditazione tutti i sigg. consiglieri comunali e provinciali, perché non ci siano risoluzioni avventate, magari dettate dalla paura diffusa dai suddetti presunti ambientalisti, che fino ad oggi hanno sparso messaggi veramente devastanti. Infine, non vogliamo essere chiamati a rispondere dei danni che dovessero venire richiesti dalla British gas allo Stato italiano.
Autore: Franco Palma, presidente