Resterà in carcere Giorgio Mita, l’intonacatore leccese di 63 anni che lunedì scorso, in via Valentini aveva aperto il fuoco sulla Polizia, ferendo gravemente due agenti.
E’ stato ascoltato nei giorni scorsi dal Gip, Enzo Taurino nella cella del supercarcere di borgo San Nicola, dopo il trasferimento dal " Vito Fazzi", alla presenza del suo difensore, l’avvocato Enrico Massa.
Il suo interrogatorio è durato una quindicina di minuti.
Ha risposto serenamente e rigorosamente sulle domande riguardanti i suoi dati personali ma, ogni qual volta il giudice ha fatto riferimento all’accaduto di lunedì, alla sanguinosa sparatoria, al ferimento dei due poliziotti, ha pianto a dirotto.
L’uomo ha raccontato che una volta giunto presso la sua abitazione e aver constatato l’impossibilità di entrarvi, è stato letteralmente accecato dalla rabbia. In particolare, quando ha visto insieme all’ufficiale giudiziario al legale, due dei suoi figli con i quali da tempo aveva dissapori e a causa dei quali aveva voluto "procurarsi" un’arma. E’ entrato nell’abitazione solo dopo aver preso uno dei suoi attrezzi di lavoro dal garage e poi, dalla soglia di casa, dopo aver afferrato la sua pistola, con matricola abrasa, ha esploso dei colpi a chi, in quel momento, stava per entrare in casa. "Ho visto due ombre - ha detto al giudice – ed ho sparato senza vedere nulla". Mita ha poi raccontato di essere salito sul terrazzo solo con l’intento di uccidersi ma la pistola, una beretta calibro 7,65, era scarica e, sebbene avesse delle munizioni in tasca, non sarebbe riuscito a ricaricarla.
Alla base degli attimi di follia resta dunque la decisione del Tribunale di dare in affidamento alla moglie, dalla quale è separato da circa 5 anni, la casa; una sentenza che ha di fatto modificato quella del giudice istruttore che l’aveva inizialmente affidata congiuntamente ad entrambi perché grande a tal punto per essere utilizzata da entrambi i coniugi. La nuova decisione è scaturita dal fatto che l’ultimo dei figli, seppur maggiorenne, non aveva ancora disponibilità e quindi, viveva con la madre.
Giorgio Mita resterà in carcere. Dovrà rispondere, oltre che delle accuse di porto abusivo d’arma e ricettazione, anche di quella pesante di tentato omicidio plurimo.
Il difensore, l’avvocato Enrico Massa, chiederà una modifica delle condizioni di separazione per sopraggiunti nuovi fatti e disporrà una perizia psichiatrica sul suo assistito: dovrà stabilire se in quel momento abbia agito coscientemente oppure no.