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Puglia, agricolturi "La siccità? Colpa di Fitto"

Data: 21/03/2002 - Ora: 10:01
Categoria: Economia

"Fischiamo, così sentono quanti siamo". Migliaia di agricoltori sfilano da piazza Prefettura al lungomare Nazario Sauro, per protestare contro l'acqua che non c'è e i campi che vanno in malora da un capo all'altro del tacco d'Italia. Le urla, la banda, il comizio.

Ma nessuno li ascolta. La Regione Puglia è vuota. Così, sindaci e dirigenti della Cia sono di fatto messi gentilmente alla porta dagli uscieri del Palazzo: «Siamo spiacenti, ma non sapremmo con chi farvi parlare». Il "governatore" Fitto, assente giustificato, aveva chiesto a Giovanni Copertino di ricevere una delegazione di manifestanti, ma il vicepresidente del Consiglio non si fa vedere. L'assenza come il vento, spegne le candele e ravviva il fuoco delle polemiche. «Noi non ci assumeremo la responsabilità di quello che succederà fra due mesi...» grida, per metà profetico e per metà preoccupato, Massimo Pacetti, il presidente nazionale della Confederazione degli agricoltori. Sì, perché la rabbia del cosiddetto "ceto medio produttivo" - piccoli imprenditori che coltivano terreni grandi non più di dieciquindici ettari - potrebbe fare esplodere l'odio. «Soprattutto nei confronti di chi, come Fitto, da ventidue mesi non riesce ad impedire il crollo delle produzioni agricole» spiega Antonio Barile, "ambasciatore" della Cia qui in Puglia. Pacetti scuote la testa: «Soltanto un paio di giorni fa, ha deciso di istituire un "tavolo verde". Aspettiamo qualche giorno, prima di capire quali sono le intenzioni del capo della giunta regionale. Presto o tardi, sarà il Parlamento a doversi occupare della crisi idrica nel Mezzogiorno. In questi ventidue mesi le aziende hanno perso qualcosa come 1.500 miliardi di vecchie lire. L'acqua è come l'aria: non è possibile farne a meno».
E' un vero e proprio bollettino di guerra, quello di Barile. «Sono a rischio 180mila ettari di terra, in una regione che spreca 940 milioni di metri cubi d'acqua: 600 milioni d'acque reflue depurate, ma mai utilizzate e 340 milioni di perdite dalle tubazioni dell'Acquedotto; è la stessa regione che ha appena 65 milioni di metri cubi, sufficienti a fare bere i pugliesi ancora per qualche settimana, ormai non di più. L'irrigazione? Niente da fare, e migliaia di famiglie sono ridotte all'osso. Risarcimenti? Non si vede una lira. Fitto assicura d'essere disponibile a tutto. Per forza, finora non ha fatto niente. E' arrivato il momento di dargli la sveglia».
Il lungo corteo che attraversa la città, è insieme allegro e malinconico. Un fiume verde, i colori della Cia: sono verdi le bandiere, i cappelli, i palloncini, i fischietti. A fare da battistrada, i trattori. Poi, a piedi, decine d'amministratori comunali e cinqueconsiglieriregionalicinque, diessini e di Rifondazione, da Sandro Frisullo a Mario Loizzo, a Michele Ventricelli, da Michele Losappio ad Arcangelo Sannicandro. Quindi, il "popolo della campagna": uomini in giacca di velluto e cravatta scura, sguardi orgogliosi, ma sfiduciati; giovanotti con occhiali da sole alla moda e dita piene di calli; donne, non poche, mano nella mano di figli piccoli che non sapevano dove e a chi lasciare; quattro ragazze di Santeramo in costume, quello che indossavano le contadine di una volta. Gli slogan, semplici quanto impietosi: «Fitto senz'acqua non si fa il vino», «Fitto scendi dal piedistallo», «Fitto basta con le chiacchiere», «La zootecnia non merita questo governatore», «I campi sono un deserto». E gli striscionivignetta - affrescati da un pittore di Minervino Murge, Sabino Santomauro - come quello che raffigura il presidente della Regione e l'assessore all'Agricoltura che dormono in un grande letto matrimoniale, mentre le coltivazioni di pomodori, uva, olive e quant'altro vanno a farsi benedire perché non piove. «Sono gli stessi da anni, questi disegni. Basta srotolarli, in un'occasione come questa, e il gioco è fatto. Non cambia niente, purtroppo» fa sapere Giovanni. Riccardo punta il taccuino del cronista, e si sfoga: «Le dighe sono state fatte per l'agricoltura, non per l'industria. L'Ilva di Taranto o la Fiat di Melfi, consumano milioni di metri cubi d'acqua potabile, è una vergogna». Francesco rincara la dose: «Perché non spendono i soldi per riparare i buchi nella rete dell'Acquedotto? Ci prendono in giro, questa è la verità».
E' una marcia rumorosa, inevitabilmente, ma i rancori, altrettanto inevitabili, non lasciano spazio a gesti violenti o cattivi o arroganti. «Vogliamo lavorare, non litigare. Ecco perché occorre subito mettere a punto un piano straordinario per garantire l'acqua all'agricoltura pugliese». Basterà, la "carica dei diecimila"? Si può, a forza di sbraitare, mettere qualcuno nell'impossibilità d'ingannarci? Girolamo sorride: «Ci proviamo».

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