Con 27,3 punti percentuali di economia sommersa sul Pil, l'Italia si colloca al secondo posto in Europa, preceduta soltanto dalla Grecia con il 29%. Seguono Spagna (23,1%) e Belgio (22,4%). Tutti gli altri paesi sono al di sotto del 20%. Questo il quadro che emerge da una ricerca del Censis nell'ambito dell'iniziativa ''Le priorità dell'eurocompetizione''. (MN)

Il nostro paese, nonostante il suo secondo posto, non è l'unico ad avere una significativa presenza di occupazione sommersa, quello che cambia tra paese e paese è l'incidenza della quota di economia sommersa sul prodotto interno lordo, le caratteristiche del lavoratore sommerso tipo, i settori produttivi e le misure in atto per favorire l'emersione delle attività in nero.
Le caratteristiche principali del fenomeno in Italia, studiato dal Censis sin dagli anni 70, sono rappresentate innanzitutto dal fatto che il lavoro sommerso non èlegato all'andamento dei cicli produttivi, ma costituisce ormai una caratteristica strutturale dei mercati del lavoro europei.
A questo va aggiunto che il fenomeno appare ormai come un fenomeno ad andamento crescente. Per quel che riguarda i settori a più alta incidenza di sommerso in Europa ai primi posti si trovano l'edilizia, la ristorazione, gli alberghi, i servizi domestici e di cura alle persone, i piccoli trasporti e l'agricoltura stagionale.
Il rapporto del Censis sottolinea che le misure maggiormente adottate dai paesi europei per favorire l'emersione dell'economia in nero sono le politiche fiscali orientate alla riduzione della pressione diretta o alla defiscalizzazione indiretta, quelle mirate a regolare le varie atipicita' che caratterizzano il lavoro e le campagne di opinione finalizzate a scoraggiare il ricorso al lavoro nero.