La gente del Sud torna a fare le valige, a lasciare casa e parenti, ed emigrare. Lo rivela lo Svimez, ricordando che nel 1998 i meridionali, dopo aver cercato invano lavoro nel borgo natio, hanno lasciato le proprie citta' in circa 88.000. Destinazione, nel 70% dei casi, il nord Italia. Certo, non siamo ai livelli del secondo dopoguerra (4,2 milioni di emigrati in un quarto di secolo, 240.000 persone l'anno nel periodo 1952 e il 1974), peraltro non riproponibili, avverte la Svimez, ma il dato e' significativo, perchè mostra una tendenza in crescita. (MN) L'emigrazione dal Mezzogiorno è infatti salita dalle circa 27mila unita' del periodo 1983-1988, alle 53.000 degli anni 1989-1992, ai circa 90.000 dello scorso anno. Piu' della meta' dei nuovi emigranti almeno il 60% - afferma ancora la Svimez - sono giovani in eta' tra i 20 e i 30 anni. Un fenomeno che conferma le maggiori difficolta' che questi incontrano ad entrare nel mondo del lavoro, la insufficiente crescita dei redditi primari al sud (scesi dal 59,9% al 54,8% di quelli del Centro-Nord), e il conseguente 'restringimento' della rete di protezione sociale garantita dalle famiglie ai propri membri in cerca di occupazione. Una nuova realtà che coinvolge tutto il Mezzogiorno: i saldi migratori negativi verso il resto d'Italia hanno caratterizzato infatti tutte le regioni, ad eccezione del solo Abruzzo. In testa la Campania (-6,74 per mille), seguita da Sardegna (-5,24) e Basilicata (-4,42). Risultato? Con la ripresa dell'emigrazione, e il calo della natalita', per la prima volta da trent'anni a questa parte la popolazione del Mezzogiorno e' diminuita: 50.000 abitanti in meno rispetto al '97. Il sud, insomma, 'rischia di spopolarsi'. Ecco la tabella Svimez con il movimento naturale e migratorio nel 1998 (quozienti medi annui per mille abitanti):