La penultima puntata di Le Colonne del Cinema, serie scritta e condotta da Mimmo Mollica, è particolarmente dedicata ad un genere di cinema (e di musica nel cinema) contrassegnato da atmosfere e vicende politiche, sociali e sentimentali riferite a precisi luoghi e tradizioni di ristrette arre geografiche e culturali.
E così, nell’era di Internet e del villaggio globale, scopriamo che l’uso del dialetto si va sempre più diffondendo e non solo nella canzone ma anche nella letteratura e nel cinema, dove si può parlare di tendenza, se si considerano una serie di titoli relativamente recenti: "La Capa Gira" di Alessandro Piva, un film recitato in barese o "Sangue vivo" e Pizzicata di Edoardo Winspeare, quasi interamente recitati in dialetto salentino.
Due film italiani, opportunamente muniti di sottotitoli, per una più facile comprensione ma - probabilmente - anche come prova per una possibile distribuzione altre confine.
Cosa auspicabilissima e che fa sorgere il "sospetto" che le tecnologie (mi riferisco ai sottotitoli) siano lo strumento che consentirà sempre più di abbattere i confini, compresi quelli linguistici (delle diversità linguistiche).
"Quest’anno, assieme a Paolo Limiti, nell’edizione di Domenica In appena conclusa abbiamo molto insistito con l’uso dei sottotitoli, sia per i brani stranieri che per quelli cantati in lingue come quella partenopea, non certo per rimarcarne l’aspetto regionalistico, ma anzi per riconoscerne la dignità di lingua vera e propria (e non di dialetto), ma anche per aiutare lo spettatore nella comprensione e rendere pure più godibile ciò che sta ascoltando".
"Una sorta di "provincializzazione" del mondo attraverso la rete, ma anche attraverso il cinema, la musica, la letteratura, che in effetti corrisponde ad un fenomeno di "sprovincializzazione" e getta le premesse per la nascita della "tribù globale", nella quale (indipendentemente dall’inglese) ognuno potrà parlare la propria lingua, il proprio idioma, senza rischiare di non essere capiti".
Già in epoche antecedenti simili scelte erano state anticipate da grandi registi e grandi films. Possiamo citare "L’albero degli zoccoli" di Ermanno Olimi; "La terra trema" di Luchino Visconti"; "Così ridevano" di Amelio e "Tano da morire" di Roberta Torre, film in cui l’uso del dialetto è preponderante, portante come la musica.
IL SALENTO E LA PIZZICA
Nel 1993 il Salento ha dato vita al gruppo Officina Zoè, nato per merito e volontà del regista Edoardo Winspeare, Lamberto Probo e Pino Zimba.
Proprio basandosi su vicende, atmosfere e valori come la pizzica e le tradizioni del Salento, sono nati due validi films e un gruppo musicale.
I films sono "Pizzicata" e "Sangue vivo" di Edoardo Winspeare, in cui viene raccontata la realtà salentina del ‘900. Dal salento con amore e .. macchina da presa, insomma.
"Sangue vivo", racconta il dramma della povertà, della disoccupazione, ma allo stesso tempo individua una via di fuga, uno strumento di liberazione e catarsi nella possibilità di urlare, gridare, ballare e gioire, attraverso la pizzica, come dire che i salentini hanno comunque la capacità e la forza di sorridere alla vita anche quando la vita si rivela dura con loro.
Ecco uno dei significati e dei valori della pizzica: battere forte i tamburi per comunicare la rabbia, il dolore. Non importa se dalle loro mani sgorgherà il sangue per quanto si suonerà… è sangue vivo, amore, energia, vita che viene trasmessa. E quanto più numerosi sono i tamburi tanto meglio sarà.
La pizzica propone l’aspetto ipnotico della nenia, che per gradi porta alla trance, con un irresistibile trasporto nella danza: la danza catartica, liberatoria.
Il regista salentino Edoardo Winspeare finalmente riceve i meritati riconoscimenti col suo secondo film "Sangue vivo": un film quasi
interamente recitato in dialetto salentino e basato sul significato e sul valore della pizzica.