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La Camera cancella del tutto il decreto "grande fratello"

Data: 30/01/2004 - Ora: 09:35
Categoria: Internet

Sparisce così l'obbligo di conservare i dati relativi al traffico su Internet. Il decreto era de lGoverno del 23 dicembe 2003

Pezzo a pezzo la Camera ha smantellato il decreto "grande fratello" con cui il governo voleva mettere sotto controllo il traffico internet. Ora neanche le e-mail potranno essere conservate. Una vittoria dell’opposizione, che ha evidenziato fin dall’inizio, che quel provvedimento violava l’art.15 della costituzione, quello che garantisce la segretezza della corrispondenza. È una sconfitta per il governo, che aveva ideato una norma illiberale. Qualcosa di simile esiste solo in alcuni regimi totalitari, primo fra tutti la Cina. La conservazione integrale del traffico internet avrebbe richiesto la creazione di un immenso database, dal quale sarebbe stato possibile risalire a gusti, abitudini, opinioni degli utenti. Ma con quali garanzie? È quello che si è chiesto anche il garante per la privacy, esprimendo da subito una forte condanna. Si conclude così una vicenda iniziata lo scorso 23 dicembre, quando il consiglio dei ministri, approvando il decreto, sentenziò: è un’essenziale norma antiterrorismo, le indagini altrimenti sarebbero menomate. Ora si scopre che quella norma non poteva essere d’aiuto ai giudici, semplicemente perché era stata scritta con i piedi. Sono in discussione «libertà costituzionali: di comunicazione, associazione e manifestazione del pensiero», ha detto durante l’audizione a Montecitorio il presidente Stefano Rodotà. Subito dopo sono arrivate le proteste dei provider, che hanno denunciato un elemento impressionante: la conservazione dei dati per cinque anni genererebbe un archivio di circa 80 milioni di CD-Rom, quanti se ne vendono nello stesso periodo in tutta Europa. Il primo colpo il decreto lo ha ricevuto il 14 gennaio, quando la Camera ha approvato una mozione presentata dal deputato Ds Pietro Folena che impegna il governo a rimuovere «tutte le norme potenzialmente lesive dei diritti di riservatezza previsti dalle leggi nazionali e dalla normativa europea in materia, nonché dall'articolo 15 della Costituzione». Subito dopo Folena ci spiegava: «A questo punto, se il governo volesse forzare la mano e fare un braccio di ferro, questo provocherebbe una ribellione enorme. Sarebbe una sfida a milioni di persone, soprattutto giovani. E il Polo perderebbe centinaia di migliaia di voti». Pochi giorni dopo è iniziata la discussione in commissione giustizia. Qui l’opposizione, anche grazie all’intervento di Rodotà, ha vinto progressivamente le resistenze e le ambiguità della maggioranza, raggiungendo un primo compromesso. Nel testo approvato dalla commissione non si parlava più genericamente di «dati relativi al traffico», ma di «dati relativi al traffico telefonico o alla corrispondenza in via telematica». Scompariva quindi il controllo della navigazione su Internet. Anche i tempi di conservazione dei dati erano stati modificati. Non più 30 mesi più altri 30 per i reati più gravi, ma 24 più 24. Restavano, però, forti perplessità sulla conservazione delle e-mail. «È un modo per ricostruire il profilo di ciascuno di noi – aveva commentato Mauro Paissan, membro dell’autorithy - Mi auguro che in aula questa norma venga ulteriormente modificata, anche alla luce delle difficoltà che creerebbe ai provider». Dopo di che è giunto anche il parere negativo della commissione affari costituzionali. A questo punto l’aula di Montecitorio non poteva fare altro che accettare di cancellare anche questa norma. E così ha fatto, approvando un emendamento abrogativo presentato da Folena. Contemporaneamente è stato chiesto al garante di fornire alcune linee guida per una soluzione razionale del problema. Anche per venire incontro alle richieste del procuratore antimafia Pier Luigi Vigna, che, durante l’audizione in commissione, aveva evidenziato la necessità di individuare qualche forma di controllo. Resta, alla fine, solo la conservazione e il controllo del traffico telefonico. Dal quale però non è possibile né ricostruire le tendenze politiche, religiose e sessuali né l'appartenenza a gruppi o a associazioni degli utenti. «È stata la vittoria di un principio, ma soprattutto una vittoria del popolo della Rete di cui noi siamo stati portavoce nelle istituzioni – commenta Folena - Questo lavoro è solo all’inizio, a breve dovremo affrontare altri impegni come l’adozione del software open-source nell’apparato dello Stato».

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