Poggia su due pilastri: competenze urbanistiche ed edilizie alle province ed ai comuni gestione ed infrastrutturazione delle aree ai consorzi
Alcuni giorni fa la Giunta Regionale, dopo una fase di intenso confronto con le Autonomie locali, le Associazioni imprenditoriali ed i Sindacati ha approvato un disegno di legge di riforma dei Consorzi per lo sviluppo industriale.
Il disegno di legge è sostanzialmente condivisibile in quanto, oltre a porre fine ad un intollerabile regime commissariale, poggia su due pilastri: competenze urbanistiche ed edilizie alle province ed ai comuni gestione ed infrastrutturazione delle aree ai consorzi.
È un’impostazione coerente con il dettato costituzionale e la generale disciplina urbanistica e di sviluppo economico della Regione Puglia; è innovativa in quanto considera la pianificazione e lo sviluppo industriale attività di area vasta e quindi di natura strutturale in coerenza con le migliori esperienze di Programmazione integrata territoriale; consente di riordinare e rilanciare i nuclei industriale esistenti, dando certezza legislativa, amministrativa e gestionale, superando contenziosi ed incomprensioni tra enti locali, consorzi – enti pubblici economici, ed industriali e di programmare insediamenti in territori marginali e con grande frammentazione amministrativa (Appennino dauno, sud salento).
Il disegno di legge non affronta i problemi economici dei consorzi esistenti. Su questo aspetto, estremamente importante, è necessaria una riflessione fondata su elementi certi e senza demagogie.
I consorzi sono in gestione commissariale dal 2001, a seguito della legge 19 del 25/7/2001. L’incarico era per sei mesi con il compito di provvedere alla ricognizione del patrimonio e a rilevare l'ammontare delle attività e delle passività. Con legge 2 del gennaio 2003 viene disposto il trasferimento di tutte le competenze in materia di sviluppo industriale prima esercitate dai Consorzi ASI, ivi compresi i beni e personale, ai comuni e possibilità di scioglimento dei consorzi esistenti. Legge rimasta completamente inapplicata, in quanto nulla di quanto disposto è stato attuato.
Oggi la situazione economica dei consorzi, in assenza di atti di risanamento, si è ulteriormente aggravata. I comuni sono assolutamente indisponibili a subentrare ai Consorzi assumendone le relative passività, oltre che per obiettive carenze di risorse e di bilancio, per impedimenti legislativi (il trasferimento di compiti funzioni ai comuni deve avvenire con relativo trasferimento di risorse e non di debiti!). La Regione, credo sia nella stessa impossibilità di bilancio e legislativa a subentrare nella gestione dei Consorzi esistenti.
La soluzione non può non essere che quella già indicata nell’art.9 della legge 2/2003. Per il personale a tempo indeterminato in servizio negli attuali Consorzi è possibile ipotizzare il passaggio ai nuovi enti. Altre soluzioni, non demagogiche (debiti e personale alla collettività), non sono venute.
È opportuno, infine, dire con chiarezza che la causa dell’attuale situazione dei Consorzi è dipesa, oltre che da carenze gestionali, anche ed essenzialmente dalla pretesa di non pagare i servizi forniti, concezione sbagliata e contraria allo stesso sviluppo. Gli eventuali nuovi enti devono operare con efficacia ed efficienza sapendo che i servizi che devono fornire hanno un costo che è a carico di chi li utilizza o ne beneficia, condizione imprescindibile per lo sviluppo, utile al territorio ed alle imprese.