Il caso del liceo "Agnesi" di Milano è una risposta sbagliata ad un’esigenza fisiologica della comunità islamica
Le accese polemiche scoppiate nei mesi scorsi intorno alla faccenda della classe islamica autorizzata dal liceo delle scienze sociali "Agnesi" di Milano hanno riportato a gala una scottante questione sociale che il mondo istituzionale stenta ad affrontare in maniera responsabile; vale a dire l’integrazione delle nuove realtà culturali che fanno parte del panorama sociale del paese. La minoranza islamica è una di queste realtà.
Il problema questa volta non è stato il crocifisso, ma la scuola islamica. La questione del liceo "Agnesi" ha diviso il mondo politico e quello della società civile sulla singolare richiesta avanzata da un gruppo di genitori musulmani per la formazione di una classe tutta musulmana. Si è discusso a lungo sull’iniziativa, senza poi soffermarsi a riflettere su quali possono essere le risposte ragionevoli ad una questione reale che si nasconde dietro questa paradossale richiesta: garantire una scuola pubblica aperta a tutti senza discriminazione alcuna.
Le nuove minoranze non si sentono garantite dal tipo di formazione scolastica che è offerta ai loro figli. Tentano di reagire perché pensano che la scuola non dia loro la possibilità di conservare le proprie identità culturali.
La risposta che la comunità islamica dà a questo sacrosanto bisogno di integrarsi, è tuttavia sbagliata. Una scuola solo per studenti musulmani non aiuta di sicuro l’integrazione, anzi porta dritto alla ghettizzazione di questi ragazzi. Essi hanno il diritto di studiare e i loro genitori hanno il dovere di mandarli a scuola.
Dunque, il progetto sperimentale della classe islamica è inaccettabile perché è una via che porta a tutt’altro che all’integrazione. Hanno sbagliato di grosso coloro che nel mondo politico hanno ritenuto che la bocciatura di questo progetto sia stata un’occasione mancata per avviare il dialogo con l’islam e favorire la sua integrazione. L’inserimento dell’islam nell’organizzazione sociale italiana passa innanzitutto attraverso il suo riconoscimento come una religione praticata da migliaia di persone che vivono in Italia. Questo riconoscimento renderebbe meno diffidente la comunità islamica che si sentirebbe più accolta e rispettata nel vivere liberamente la propria fede nel rispetto delle leggi nazionali. Oggi molti musulmani hanno difficoltà a fornire una formazione religiosa ai loro figli. Le moschee dovrebbero svolgere questo compito attraverso le scuole coraniche. Ma il clima di sospetto sui luoghi di culto islamici rende spesso impossibile lo svolgimento di quest’attività. Ecco perché molti musulmani pensano di trovare una risposta a questo bisogno nella scuola pubblica. Urge quindi l’istituzione di moschee italiane libere da egemonie extraterritoriali, governative e non. In questo modo i bambini musulmani potranno ricevere una formazione religiosa.
Alla scuola pubblica rimane l’arduo compito di formare cittadini consapevoli di una società multiculturale e multireligiosa.
Autore: Gabriele De Blasi