Accaniti, imperdonabili, ma tutto sommato tollerabili. Non può non essere così se è vero, com'è successo l'altro giorno a Bari, che è più facile rischiare la pelle quando l'autista di un autobus vi prende a colpi d'estintore perché gli avete tagliato la strada con la macchina. Per una "bionda" aspirata con voluttà, invece, si chiudono sia pure malvolentieri gli occhi e ci si limita ad aprire una finestra per cambiare l'aria, non i connotati di chi vi avvelena col fumo passivo. E questo è un sollievo.

Anche mentre avete modo di leggere l'ultima indagine dell'Unioncamere dell'Emilia Romagna. Ci fa sapere che in Puglia razzola una comunità di fumatori incalliti e in pratica disposti a tutto: ciucciano mediamente, sedici sigarette al dì e nel Belpaese sono secondi solo ai molisani. Quando gustare una sigaretta è un male che si fa a se stessi e agli altri con piacere, evidentemente.
La percentuale di fumatori, in particolare quelli che hanno tra i 45 e i 54 anni, è più elevata tra chi vuole cambiare lavoro. Provate voi a convincere, chessò, un cassintegrato delle Ccr che chi fuma uccide anche te o un operaio della Dow Chemical, a Brindisi, che deve pensare alla salute e non al fatto di ritrovarsi disoccupato. Lo «stile di vita corretto» che predica il ministro della Sanità Sirchia, va a farsi benedire. Perché la domanda sorge spontanea: è più giusto avere un lavoro o non accendere una sigaretta? Solo in tutti e due i casi fate parte dell'Italia normale, e quindi il sogno può diventare realtà.
La stessa indagine racconta che le signore sono più dissolute dei signori. La statistica non fa che confermare una vecchia regola: alle donne il fumo piace perché lo ritengono, e magari con ragione, un gradevole presagio dell'arrosto. La virtù consiste non nell'astenersi dal vizio, ma nel non desiderarlo. Tuttavia la sigaretta, tra le cose che desideriamo, ha la specialità di non arrivare mai troppo tardi.