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I no global aspettano Berlusconi a Manfredonia

Data: 02/03/2002 - Ora: 09:41
Categoria: Economia

Oggi il premier Berlusconi è atteso a Manfredonia, nella città industriale voluta da Prodi e D'Alema. Fate largo, arrivano i trevigiani. La strada asfaltata, tanto per non smentire antiche abitudini, l'hanno fatta all'ultimo minuto, unica biscia nera in quell'area industriale nuova ch'è tutta un cantiere. Manfredonia accoglie così con le braccia aperte gli industriali veneti, perché adesso veramente inizia l'era seconda dell'industrializzazione della zona e tutti han voglia di dimenticare presenza e fuga dell'Enichem, costi umani e costi sociali, l'incubo della desertificazione economica. Viene Berlusconi a chiudere la celebrazione di quello che è un successo di Prodi e dell'Ulivo, frutto di quel contratto d'area che ha distribuito quasi mille miliardi attirando una cinquantina di nuove industrie, alcune già avviate, altre allo start, le quali - dati di fine gennaio - occupano ottocento persone a cui, a pieno regime, se ne aggiungeranno altre mille e duecento.

Se poi il capo del governo, come tutti sperano e implorano, darà il via al "terzo protocollo", dopo i due dell'Ulivo, si potranno recuperare oltre cento milioni di euro assegnati e non spesi e l'occupazione crescerà ancora di mille unità. Questo è il Sud possibile. E anche lo scettico e diffidente Antonio D'Amato, presidente di Confindustria, s'è infine ricreduto e sarà qui a festeggiare. Proprio lui che a Foggia, nella sua prima uscita pubblica, era stato fortemente critico con gli strumenti di concertazione negoziata. Gli industriali trevigiani, gli artefici del miracolo del nordest, di questi contratti d'area hanno invece bisogno come dell'aria da respirare. "Da noi non c'è un metro quadrato disponibile per realizzare nuovi impianti", spiega Domenico Gribaudo, già vicepresidente di Unindustria Treviso. E aggiunge: "La vera scommessa allora è se Silvio Berlusconi viene qui per superare i deficit di conoscenza che chi decide può avere sulle medie imprese del NordEst e sui loro veri bisogni, riuscendo a fornire strumenti idonei per la delocalizzazione. Allora veramente ha fatto Bingo".
Per ora il bingo di Manfredonia resta il contratto d'area e l'interesse confermato degli industriali trevigiani che fanno la fila per "delocalizzare" qui le loro imprese. Ed eccoli, dunque, a inaugurare qui il loro "anno produttivo", cerimonia che l'hanno scorso venne celebrata a Timisoara, a rendersi conto in prima persona di una realtà dove gli stessi non global e gli ambientalisti - spauracchio di potenti e capi di governo nelle apparizioni pubbliche - protesteranno sì, ma protesteranno in maniera soft, a distanza. "Contestiamo il modello economico e neoliberista in atto con il contratto d'area e non vogliamo che vengano realizzate industrie che portano inquinamento e rischi per la salute" spiega la responsabile dell'associazione "Bianca Lancia", Elisa Castriotta.
Quattrocento industriali veneti arriveranno, così, con voli privati all'aeroporto militare Amendola. Cercano affari e penderanno, quindi, dalle parole del premier. Manfredonia piace e Berlusconi, dicono, annuncerà nuovi investimenti. Qui. Se l'anno scorso la "delocalizzazione" delle industrie trevigiane puntava all'Est d'Europa, adesso infatti punta al SudEst d'Italia. E si capisce bene perché. "Questa è l'unica esperienza di contratto d'area voluta dai governi dell'Ulivo che abbia avuto il successo sperato", spiega il sindaco di Manfredonia, Francesco Paolo Campo, diessino, che è anche il responsabile unico per l'esecuzione del programma d'industrializzazione, "e se Berlusconi sabato formalizzerà il terzo protocollo, potremo recuperare altre somme da spendere". Queste somme, come spiega Leonardo Ciuffreda, funzionario del comune che si occupa del contratto d'area, erano state assegnate ad imprese del Nord Est per investimenti in settori sensibili. Qualcuno ha rinunciato per la riduzione del contributo, altri per i tempi lunghi dell'erogazione o per problemi dovuti alle normative sulla concorrenza.
Treviso & Manfredonia, così è stato battezzato l'evento di domani, sta a testimoniare, a ogni modo, che il trasferimento di attività produttive al Sud rappresenta, come sostiene Sergio Bellato, presidente di Unindustria Treviso, una delle soluzioni per contribuire non solo allo sviluppo di questa parte del Paese ma anche al riequilibrio e alla riqualificazione di una realtà locale, quella trevigiana, che sta per esplodere.

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