Nobilissimo l’intento, ma i risultati ancora non si vedono
I danni causati dalla pesca del dattero di mare sono ormai noti a tutti, solo chi non vuole capire resta indifferente alle conseguenze causate dalla desertificazione del fondale marino che la pesca del dattero comporta.
Per tentare di arginare il fenomeno il legislatore ha fatto sì che la pesca, la detenzione, la vendita, il consumo di datteri di mare siano diventati reati, e quindi puniti in maniera più severa.
Ciò non è bastato.
Sono state promosse delle campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica tese a risvegliare negli animi dei consumatori quel poco di coscienza ambientale che sicuramente esiste in ognuno di noi.
Nobilissimo l’intento, ma i risultati ancora non si vedono.
La pesca continua, gli affari prosperano, ed i litorali continuano ad essere distrutti per soddisfare i golosi palati di individui che sanno e se ne infischiano, ma che pur di mangiarne sono disposti a spendere dai 25 ai 30 e persino 35 Euro per un Kg di datteri.
Insistere nella repressione della pesca del dattero, non sembra essere la soluzione vincente poichè oltre che presentare delle oggettive difficoltà di attuazione, richiede un dispendio di mezzi e di uomini che spesso non trova giustificazione nei risultati ottenuti.
Il pescatore di datteri è nella stragrande maggioranza dei casi un uomo dai 40 ai 60 anni che non ha altro modo di guadagnarsi da vivere.
Un uomo che negli anni ottanta (anni d’oro per la pesca dei datteri) invece di cercarsi un occupazione ha ritenuto più proficuo pescare i datteri per venderli ai ristoranti, alle pescherie, ai privati, riuscendo a mantenere intere famiglie a farsi casa e per fino a prosperare con questa attività.
Sono individui conosciuti alle forze dell’ordine, spesso non solo per la pesca dei datteri.
Persone che hanno situazioni pendenti con la legge, migliaia di Euro da pagare per ammende precedenti, ed ecco che diventa facile supporre che pur non riuscendo ma ricavare i profitti di un tempo, continueranno con quest’attività fin quando avranno la salute per farlo nonostante gli vengano contestati verbali su verbali, poiché rimane la loro unica fonte di sostentamento.
Quindi mi chiedo, se non è possibile arginare il fenomeno ne sensibilizzando l’opinione pubblica, ne punendo penalmente i pescatori ed i venditori di datteri allora non resta che far venire meno la causa della pesca.
Bisogna fare in modo che sparisca la domanda di datteri sul mercato della pesca.
Come fare per convincere la gente a non chiedere in pescheria o al ristorante i datteri?
Semplice, terrorizzare il consumatore con delle sanzioni amministrative davvero esemplari, e magari quando sorpreso a comprarli fargli sostenere le spese della pubblicazione della notizia sul giornale, alla stessa stregua di come fu fatto per contrastare l’acquisto delle sigarette di contrabbando.
Riguardo alle pescherie ed ai ristoranti, il penale poco spaventa, bisognerebbe anche li insistere sul lato economico, infliggendo pesanti sanzioni amministrative e minacciando la chiusura dell’attività.
Ottimi risultati sta dando l’attuazione del nuovo codice della strada, che prevede multe più salate per chi trasgredisce, e la promessa della revoca della patente per chi proprio non vuole imparare.
Un governo sensibile alle problematiche ambientali, che vuole preservare il mare come fonte di ricchezza per la pesca e per il turismo, ha il dovere di fare tutto il possibile per evitare che la desertificazione causata dalla raccolta dei datteri di mare si aggiunga agli altri problemi che già affliggono questo stupendo universo sommerso.
Se il senso civico dell’italiano medio risulta essere stimolato solo dal timore di incorrere in sanzioni economicamente pesanti, allora è bene far leva su questa sensibilità per porre fine allo scempio dei nostri litorali.
Autore: Mirko