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Finanza, dopo il crack Parmalat più responsabilità per recuperare fiducia

Data: 23/02/2004 - Ora: 09:05
Categoria: Economia

Ma le questioni che forse meritano la più ampia attenzione sono il perché tutto questo è successo e quali rimedi adottare per evitare che si ripetano casi simili in futuro

Nella vicenda del crack Parmalat qualcuno ha fatto notare come Tanzi fosse un credente che andava tutti i giorni in chiesa: sinora, però, il "buon cattolico" sembra aver collaborato poco e le sue ricostruzioni sono state giudicate dalla magistratura piuttosto imprecise. Non sappiamo ancora con certezza perché tutto questo è successo, ma Parmalat più che produrre latte produceva falsi di tutti i tipi per nascondere perdite e occultare disponibilità di denaro. Che si sia trattato d’incapacità di perdere o d’insaziabilità, la vicenda è sintomatica dello stato della nostra economia, nella quale l’obiettivo è di scalare posizioni aumentando la propria ricchezza, nascondendo eventuali perdite di posizioni; gli azionisti vogliono sempre di più e si fanno i bilanci falsi non pensando nemmeno più alla reputazione, requisito fondamentale per ottenere la fiducia dei mercati. La ricetta del profitto ad ogni costo e in ogni modo richiede per forza un uso spregiudicato dello strumento della finanza, perché non è possibile ottenere gli elevati rendimenti richiesti dagli investitori istituzionali con la sola attività industriale. Questo utilizzo della finanza è spinto dal fatto che nel moderno capitalismo globalizzato c’è un eccesso di liquidità che non è interessata a sostenere l’economia reale, ma solo alla finanza perché rende di più; ogni volta restano impigliati in queste reti centinaia di migliaia di piccoli risparmiatori. Ma per cercare di uscire dalla grave crisi di fiducia odierna non basta inasprire le pene o rivedere gli intrecci tra banche e imprese. Quanto è successo ci deve indurre a riflettere sulla responsabilità dell’impresa, per iniziare a fare seria formazione sui valori all’interno delle imprese stesse, senza essere autoreferenziali; bisogna mettere in conto gradualità, ci vuole pazienza, ma non ci sono alternative. Il modello del commercio equo e della finanza etica può essere una proposta, ma è necessario che anche i banchieri più tradizionali garantiscano un’economia sempre più trasparente, sulla quale poter investire per premiare la correttezza e al tempo stesso per rischiare meno.

Autore: Gabriele De Blasi - Gruppo Ecumenico Confronti

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