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Emergenza rifiuti in Puglia, il governo non dà i soldi

Data: 24/10/2001 - Ora: 12:00
Categoria: Politica

Un fiume di parole per quel fiume di rifiuti che da sette anni la Puglia non riesce a "governare". Il presidente della Regione Puglia, Raffaele Fitto, impiega due ore per leggere le 42 cartelle che nascondono la verità sull'emergenza ambientale, inaugurata alla fine del ‘94 con la scoperta del vibrione del colera sul lungomare di Bari. Fitto parla da "commissario" ospite del Consiglio regionale che da marzo gli chiede conto delle emergenze ambientali nelle aree industriali dismesse, come Manfredonia, e quelle attive, come Brindisi e Taranto.

Il "commissario" Fitto non si risparmia: affronta tutti i fronti dell'emergenza, quello dei rifiuti e dei depuratori, sui quali, in sette anni, si sono cimentati una decina di prefetti, altrettanti presidenti di provincia e un paio di presidenti di Regione. Il quadro, nel certosino linguaggio tecnico della relazione, non è desolante ma nemmeno confortante. Le verità "nascoste" sono almeno un paio. La prima: in questi sette anni è stato fatto quel che si poteva. La seconda: la gestione commissariale dovrebbe continuare. Su questo Fitto è stato generico: «Valuteremo con il ministro l'opportunità di prorogare i poteri anche dopo il 31 dicembre 2001». Ma sul bilancio degli ultimi sette anni, pesano «le azioni delle diverse gestioni commissariali che hanno dovuto periodicamente riallacciare i fili di un'attività continuamente interrotta e peggiorata da una disciplina di per sé incerta e spesso contradditoria». Appendice non trascurabile del ragionamento sono i fondi: avere i poteri del commissario per velocizzare gli interventi serve a poco se mancano i soldi per finanziarli. Come per la raccolta dei rifiuti: il ministero dell'Ambiente ha promesso di stanziare 64 miliardi di lire, ma finora ne sono arrivati solo sette. E questo, in parte, ha determinato alcuni insuccessi. Come la raccolta differenziata che non ha raggiunto nemmeno il 6 per cento. Come lo smaltimento: il sistema "arretrato" delle discariche deve cedere il passo alla la rete integrata di impianti capaci di produrre energia dai rifiuti. Come per i depuratori per i quali Fitto dice di avere un asso nella manica: 700 miliardi «da stralciare dai fondi europei» ma sui quali, il 4 dicembre, dovrà pronunciarsi il comitato di sorveglianza. Se dovesse arrivare il nullaosta, il budget per la depurazione non sarà più fermo ai 400 miliardi provenienti dai programmi operativi regionali e assegnati ai Comuni per fogna, acqua e depuratori. Con i fondi che arrivano a singhiozzo non c'è da fare molto. Il fabbisogno finanziario per la bonifica delle seicento aree inquinate segnalate sul territorio regionale, ad esempio, è stato stimato in circa 650 miliardi di lire ma le attuali disponibilità provenienti sia dall'emergenza rifiuti sia dai fondi europei, sia dal bilancio regionale sono di 10 miliardi di lire. Nel «novero» delle aree a rischio contenute nella relazione, Fitto ha inserito anche quella dell'ex Fibronit: «Va messa subito in sicurezza». Non c'è pericolo per chi abita nelle vicinanze, ma l'area sarà inserita nel prossimo decreto ministeriale tra quelle «di interesse nazionale» da bonificare. Così per le altre tre aree "storiche": Brindisi, Taranto, Manfredonia. Su Brindisi «peseranno» sugli insediamenti dell'industria pesante gli interventi di recupero urbano. Su Taranto e il casoIlva c'è un problema di rilevamento: «L'analisi è impossibile perché i dati non sono omogenei». La soluzione definitiva non è dietro l'angolo ma si può avviare «un'azione per definire monitoraggi e controlli univoci». «In ogni caso - ha concluso Fitto - è necessario perseguire i soggetti responsabili degli inquinamenti». Chi ha inquinato deve pagare.

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