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Elezioni politiche, l’analisi del voto del presidente Florido

Data: 13/04/2006 - Ora: 12:53
Categoria: Cronaca

Riceviamo e pubblichiamo l'analisi del Presidente delal Provincia di Taranto Florido

A buon diritto i partiti come pure i rappresentanti istituzionali stanno manifestando, a seconda dei casi, soddisfazione o malessere per l’esito della consultazione elettorale del 9 e 10 aprile. Nulla di nuovo, tutto secondo copione: fioccano le interpretazioni, si contano i voti, si tracciano i primi bilanci. Alcune riflessioni possono tuttavia essere acquisite come patrimonio comune del centrosinistra. Innanzitutto, è evidente che in Puglia ci si attendeva qualcosa di più in termini di consenso. Guardando a ciò che è accaduto nel territorio ionico, si può esultare solo parzialmente: al buon risultato dell’Unione nella città capoluogo fa da contraltare una netta affermazione del centrodestra in molti comuni della nostra provincia. Va subito sgomberato il campo da un possibile equivoco: le elezioni non sono state un referendum per promuovere o bocciare l’operato della Regione Puglia e delle amministrazioni provinciali e comunali governate dal centrosinistra. Se così fosse, come Provincia di Taranto potremmo rimarcare il consenso ottenuto nella città bimare che, com’è noto, del territorio ionico rappresenta la metà in termini demografici, economici e produttivi. Peraltro, proprio nel versante orientale dove numerosi sono stati gli interventi attuati dalla nostra amministrazione si registrano dati poco rassicuranti mentre di segno diverso, e quindi positivo, sono i risultati ottenuti in alcuni comuni dell’altro versante. Si può essere d’accordo o meno con questa tesi, ma non mi sembra insignificante che dello stesso parere è anche il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. Piuttosto, gli analisti più accorti come anche gli esponenti di partito disponibili all’autocritica hanno rilevato che c’è una fetta di elettorato piuttosto consistente di cui la coalizione di centrosinistra non riesce a cogliere bisogni e umori. È questo il primo dato che mi pare giusto sottolineare per non correre il rischio di alimentare la triste giostra mediatica fatta di accuse e risentimenti, critiche pretestuose e polemiche. Come mai non riusciamo a comunicare con queste persone? Quali strumenti occorre attivare per ristabilire un dialogo propositivo? Certamente la rappresentanza politica non si esaurisce nel voto dato ai partiti. Alcuni di essi, sebbene radicati su tutto il territorio nazionale, si attestano attorno a percentuali allarmanti senza nemmeno riuscire ad attrarre elettori moderati - e magari scontenti – dello schieramento opposto. Se la sinistra tiene, anche se non mancano alcuni motivi di preoccupazione, il centro dell’Unione senza il contributo dei movimenti, a Taranto come altrove, rischia di scomparire. Lo dicono i numeri e i numeri, in politica, contano. Porre in contraddizione movimenti e partiti significa disconoscere la realtà e sbagliare analisi. Se qualche esponente politico dovesse malinconicamente esercitarsi con questa diatriba non aiuterebbe la coalizione ed anzi si esporrebbe ad altre figuracce. Meglio allargare il gioco, dunque, non a parole ma con i fatti, scegliendo uomini e donne in grado di "traghettare" voti da uno schieramento all’altro. Francamente, la composizione delle liste non è stata per il centrosinistra una grande prova di apertura dei partiti verso un universo sociale che meritava maggiore attenzione. Non basta dire che la classe dirigente va rinnovata: bisogna farlo. Occorre essere coerenti, le dichiarazioni di facciata non servono né un contributo positivo può offrirlo la confusione che registriamo a poco più di un mese dalle amministrative che interessano 15 comuni ionici. Naturalmente, sullo sfondo di questo ragionamento resta l’affermazione di Romano Prodi che dovrà necessariamente determinare una netta inversione di tendenza rispetto al governo Berlusconi. Le scelte più importanti che riguardano il territorio dovranno essere condivise anche dagli enti locali di riferimento; appena insediato, il nuovo Esecutivo dovrà mostrare chiari segni di discontinuità rispetto al passato, per esempio partendo dal Mezzogiorno che attende risposte concrete, decisioni coraggiose, investimenti corposi per uscire da un impasse che dura da tanti, troppi anni.

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