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Data: 04/05/2001 - Ora: 12:53
Categoria:
Politica
Tutto ancora da decifrare a soli dieci giorni dal voto.
Presidente D’Alema, molti osservatori ritengono che questa elezione si vince o si perde al Sud: lei condivide?
«Sì, in gran parte è così, a Roma e nel Sud. Che è la situazione più incerta, più fluida, più imprevedibile, anche se evidentemente la mia impressione è che ci sia pure al Nord un recupero dell’Ulivo. Ma gli effetti più significativi nei collegi si misureranno nel Sud, appunto».
E lei vincerà o perderà nel suo collegio di Gallipoli-Casarano?
«Non lo so».
Questo Mantovano è un osso duro, non è vero?
«L’onorevole Mantovano porta avanti una campagna faziosa, aggressiva e che, fondamentalmente, è rivolta contro la mia persona. Una campagna durissima, condotta con dovizia di mezzi, con la mobilitazione totale della destra, con la sfilata di tutti i leader nazionali: tutto questo rende abbastanza incerta la sfida. La parola d’ordine è cacciare D’Alema, e su questo cercano di mobilitare tutti».
E’ preoccupato per l’esito del voto nel suo collegio?
«La parola preoccupato non ha senso, sto combattendo una battaglia per vincerla. Spero che alla fine prevalga l’interesse del Paese, non è un problema di carattere personale. D’altra parte ho voluto dare il segno di una sfida meridionalista a questa competizione, se volevo star tranquillo avrei scelto di candidarmi altrove».
E ha costretto Fini, Buttiglione, forse anche Berlusconi a trasferirsi qui da lei
«E’ un fatto positivo. Mi proponevo proprio di dare visibilità al Salento e al Mezzogiorno, costringendo pure la destra e la sua leadership a misurarsi su questi temi, altrimenti avrebbero parlato solo del Referendum della Lombardia. La destra non ha un reale interesse nei confronti del Sud e sono lieto di averla costretta a gettarci un occhio».
Dal Sud al Nord: Berlusconi, con Bossi, rilancia il Referendum lombardo per il 13 maggio: lei che risponde?
«E’ la conferma del fatto che vogliono contrassegnare la data elettorale con una sfida nordista. Il messaggio è una sorta di appello all’egoismo del Nord, di quella parte spero minoritaria del Nord, che vuole spezzare il patto di solidarietà nazionale. Il Polo fa appello a quel Nord che non sa cantare l’inno di Mameli...».
Bossi dice che lo canta col cuore...
«Si potrebbe fare un’antologia di tutto quello che va dicendo Umberto Bossi, la cui diffusione all’estero non credo concorrerebbe a migliorare l’immagine del nostro Paese. Altro che Economist!».
A proposito: dopo l’Economist, il Financial Times, lo spagnolo El Mundo, l’altro giorno su Le Monde c’era un titolo: "Berlusconi dequalifié", cioè Berlusconi "squalificato" a governare l’Italia. Un suo commento?
«Credo che sia del tutto comprensibile che l’opinione pubblica democratica europea guardi con preoccupazione a questa destra italiana che, anziché impegnarsi a dare risposte, chiarimenti, rassicurazioni, si esercita in coro ad aggredire e insultare la stampa internazionale».
Dicono che è stato lei, insomma la sinistra italiana, ad ispirare questa "Internazionale della spazzatura"
«Una cretinata di questo genere non può far altro che accreditare, anzi aggravare la sensazione di inaffidabilità di questa destra. Berlusconi, invece, dovrebbe dare ben altre risposte: sul suo conflitto di interessi, per esempio, sulla sua personale guerra alla magistratura italiana, sui suoi rapporti con Bossi e con Rauti. Ecco: risposte di chiarimento, non insulti o affermazioni stravaganti».
Il Cavaliere insiste nel volersi confrontare con lei e non con Rutelli: ma è lei che sfugge o Berlusconi che bluffa?
«Ho già detto che questa del leader del Polo è una dimostrazione di scarsa serietà e rispetto verso i suoi competitori politici. Così come noi dobbiamo prendere atto che Berlusconi è il candidato premier del centrodestra, Berlusconi deve convincersi, anche se non gli piace, che alla testa della coalizione del centrosinistra c’é Francesco Rutelli. E senza manovre pubblicitarie, dovrebbe semplicemente confrontarsi con Rutelli».
Lei ha detto che Berlusconi è "spompato" e il Polo "alle corde": perchè?
«Il Cavaliere ha fatto la campagna elettorale prima che la campagna vera e propria cominciasse e ha detto tutto e il contrario di tutto. Ora che siamo davvero in campagna elettorale il suo discorso appare confuso e sfocato: non c’é un programma — dice che glielo copiamo —, non c’é una squadra di governo, tutto si riduce al ghe pensi mi... Non è un caso che l’altro giorno ha confessato che preferirebbe aver già votato: ovvio, non ha più niente da dire».
Le elezioni e il terrorismo: perché ogni volta nel nostro Paese un appuntamento con la democrazia viene buttato in paura?
«Il terrorismo dei gruppi, e non quello organizzato degli anni ’70 che è stato isolato, si è presentato sulla scena purtroppo anche fuori della campagna elettorale, come sappiamo. E’ chiaro che in un clima di tensione come questo, per tali gruppi c’é la tentazione di guadagnare visibilità. E’ stato un grave errore usare questo tema nello scontro elettorale, trasformando il confronto delle idee in una campagna d’odio. Su quella infelice trovata della "resa dei conti a sinistra" poi Berlusconi ha fatto una mezza marcia indietro. Speriamo che almeno questo ci venga risparmiato, perché sono convinto che contro il terrorismo la condizione essenziale sia la solidarietà di tutte le forze politiche».
D’Alema, dopo le elezioni, di nuovo leader di una Quercia in cerca di leader?
«Noi siamo impegnati in una battaglia molto importante, nella quale il segretario del nostro partito è candidato a sindaco di Roma, Piero Fassino al vice-premierato con Rutelli, ed è più che mai aperta la sfida per il governo del Paese. Penso che dopo ci sarà da lavorare per tutti».
Crisi della Quercia, crisi dei partiti: come vede lei il dopo elezioni dell’Ulivo? Di recente ha rilanciato la sua convinzione di sempre: più Ulivo e più partiti. Ci spiega?
«Io penso che dobbiamo consolidare la ritrovata unità del centrosinistra nell’Ulivo. L’alleanza deve diventare una realtà stabile e non un mero patto elettorale, e perciò bisogna mantenere la struttura che si è costruita con una forte legittimazione democratica, a partire dagli eletti dell’Ulivo, e con un’articolazione nel Paese. Nello stesso tempo bisogna rilanciare l’opera di ricostruzione, in qualche caso di rafforzamento dei grandi partiti popolari, che della coalizione debbono rappresentare le strutture portanti. Insisto: non c’é contrasto fra queste due esigenze, e non debbono essere poste in contrapposizione tra di loro perché invece sono fortemente complementari».
Il presidente del Milan Club "Silvio Berlusconi" di Gallipoli, vota per lei. Che ne dice?
«Probabilmente perché vuole che Berlusconi sia restituito al Milan a pieno tempo e non venga più distratto dagli impegni della politica. Cosa che tornerebbe utile, alla fine, al Milan e anche all’Italia».
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