C'era un passaggio fondamentale nelle dichiarazioni di Cavasin dopo la batosta con il Brescia. Ed è tutto in una parola: "qualità". Ovvero, il problema numero uno nel motore del suo Lecce. Che non a caso ha girato a vuoto di fronte all'asse formato da Giunti e dai fratelli Filippini o al cospetto di un Perugia che può contare su un centrocampo di grande tecnica. L'analisi del ruolino di marcia al Via del Mare è impietosa ed esauriente: cinque sconfitte, quattro pareggi e la miseria di due vittorie. Lo specchio di una formazione in evidente difficoltà quando si tratta di impostare la gara in chiave offensiva. Un atteggiamento che era peraltro assurdo pretendere agli incontristi e ai cursori del centrocampo di Cavasin.
Si obietterà che quel reparto ha cambiato pochissimo rispetto a un anno fa. È vero. Ma è vero anche che nel campionato scorso la presenza di Lucarelli e, di conseguenza, il ruolo di Vugrinec sopperivano a quei limiti strutturali. Perché il peso specifico del primo consentiva di capitalizzare i palloni lunghi e i cross (quest'anno, invece, il Lecce è l'unica squadra a non aver mai segnato su colpo di testa) e di tenere il croato in una posizione più arretrata rispetto alla linea d'attacco. Vugrinec era il trequartista che doveva raccordare attacco e centrocampo, sopperendo così a quel deficit di qualità, e sfruttare i varchi aperti da Lucarelli. Con l'arrivo di Chevanton, invece, la musica è cambiata. L'uruguayano ha caratteristiche tecniche e atletiche che lo portano a partire da una posizione arretrata per cercare lo spunto in velocità: una seconda punta, insomma, senza che però ce ne sia in organico una prima. E soprattutto senza che ci sia un centrocampista che possa riversare in attacco i suoi palloni preferiti.
Fateci caso: il gol dell'11 contro il Brescia è arrivato da un'azione di quel genere. Un capolavoro che non a caso, però, è nato da un'intuizione di Popescu e da una sua incursione a centrocampo. Proprio lui, il libero rumeno, il giocatore di maggior classe ed esperienza. E soprattutto il regista che abbiamo più volte invocato per cercare di dare «qualità» - per dirla con l'allenatore - al centrocampo del Lecce. Cavasin sosteneva che Popescu non ha il passo del centrocampista. Affermazione che abbiamo sempre confutato, però, perché stiamo parlando di un fuoriclasse che nel suo girovagare tra i campi di tutta Europa ha già ricoperto, e con profitto, quel ruolo. E perché non deve essere certo lui a correre e a spezzare la manovra degli avversari.
In questo momento era davvero difficile intravedere altre soluzioni per cercare di cambiare il corso di una stagione fin qui disastrosa. Il calendario è però tutto in salita: quattro trasferte (Juventus, Perugia, Fiorentina e Atalanta) e due partite interne (Verona e Roma) nelle prossime sei giornate. L'impresa, anche se disperata, va comunque tentata. E quell'assist di Popescu per Chevanton va letto oggi come un segnale fin troppo chiaro all'indirizzo di Cavasin. Quasi fosse l'ultimo e disperato grido d'allarme di un campione al quale sembrava assurdo retrocedere in quel modo.
Autore: Luca Pede