Il tempo dei grandi investimenti fa parte del passato. È il patron Giovanni Semeraro a indicare le linee guida per Lecce che verrà: "L'obiettivo principale sarà contenere i costi. Oggi investire nel calcio è estremamente rischioso. Dobbiamo contenere le nostre aspirazioni e abituarci all'altalena tra A e B, se non vogliamo rischiare di scomparire. Ho quattro figli che devono lavorare in aziende produttive. Il calcio produce soltanto perdite, invece, e io non ho più voglia di sopportarne altre".

Parla con decisione e amarezza: «La retrocessione di quest'anno è il frutto dei nostri errori, ma anche di molte difficoltà ambientali che hanno costretto alcuni giocatori a chiederci di andare via». Eppure, gli fa eco il presidente Mario Moroni, «negli otto anni della nostra gestione abbiamo investito tantissimo, obbligando la famiglia Semeraro ad attingere al suo patrimonio, mediamente con 5 milioni di euro annui, per ricapitalizzare la società. Finora abbiamo privilegiato l'aspetto sportivo a quello economicofinanziario».
Una filosofia che non avrà seguito. L'anno prossimo - prosegue Moroni - «avremo ricavi più che dimezzati e abbatteremo del 50 per cento i costi degli ingaggi. Ai nuovi acquisti, così come è avvenuto per Delio Rossi, proporremo compensi variabili in base al raggiungimento degli obiettivi. I costi di gestione della prossima stagione e la campagna acquisti saranno finanziate dalle cessioni. Pur essendo la serie A nel dna della nostra società, nessuno si deve illudere che arriverà in uno o due anni. Giungerà quando il gruppo che allestiremo, valorizzando i giovani e con calciatori più esperti, sarà in grado di conquistarla». E il diesse Pantaleo Corvino, che si è assunto «tutte le colpe di questa retrocessione», assicura che cercherà di «costruire una squadra che abbia più sostanza nelle gambe.