Tra le grandi, a posto solo Milan Juve e Inter, ma Matarrese rassicura: troveremo una soluzione
"Hanno fatto condoni e sanatorie per chiunque, ci sarà il condono sull’Irpef anche per il calcio". Così diceva Enrico Preziosi, presidente del Genoa Calcio, 12,6 milioni di debiti arretrati con il fisco, il 17 marzo scorso. Il Consiglio della Federazione Gioco Calcio aveva appena approvato, quel pomeriggio, le nuove regole per l’iscrizione ai campionati nazionali. Regole durissime, più dure di quelle deliberate dall’Uefa per i tornei continentali, compresa quella che vietava l’esistenza di debiti pregressi con l’erario. E mentre il presidente della Lega Adriano Galliani, quello stesso giorno, avvisava che senza «robuste iniezioni di capitali» molte squadre avrebbero rischiato l’iscrizione, i "presidenti" pensavano all’imminente sanatoria Irpef. Senza preoccuparsi neanche di accedere al condono dei ruoli pregressi varato con la Finanziaria. Convinti che qualcuno li avrebbe tirati fuori dai pasticci.
Ora che il governo ha messo una pietra sopra al decreto spalma Irpef, che avrebbe consentito di rateizzare un debito pari a 510 milioni per la sola serie A, forse qualcuno di loro si mangerà le mani. Tempo per provvedere ce n’è, ma come diceva Galliani, per risolvere i problemi a questo punto occorrerà rimettere mano al portafogli.
Per partecipare al "campionato più bello del mondo" 2004-2005, bisognerà dimostrare di non avere debiti scaduti con il fisco al 30 giugno del 2003, esattamente come per le licenze Uefa. Per tutti gli altri parametri, però, si terrà conto anche del debito accumulato dopo il 30 giugno dell’anno scorso, compresi i primi mesi di quest’anno. Si dovrà dunque dimostrare l’assenza di pendenze con i giocatori e i tesserati al 30 aprile scorso, e con la Federazione e le Leghe professionistiche a tutto il 30 giugno, data entro la quale sono attese le domande d’iscrizione.
E non è tutto, perché accanto ai parametri di debito ce ne saranno altri da rispettare, attinenti al patrimonio. Dal prossimo campionato, infatti, scattano i famigerati "PA" e "PD", ovvero i rapporti tra il patrimonio e l’attivo patrimoniale, e tra il patrimonio e l’ammontare dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori, che non possono superare un certo limite.
Un tetto nel quale moltissime squadre italiane faranno enorme fatica a rientrare. Franco Carraro, presidente della federcalcio, stima che in base ai nuovi parametri a tutt’ora «il 60% delle squadre sarebbe fuori». In serie A, oggi, potrebbero giocare appena nove squadre: Milan, Juve, Inter, Udinese, Sampdoria, Siena, Bologna, Modena e Empoli.