Riemerso dalle fauci dell’indolenza nel quale era precipitato durante l’anonima impresa veronese, il Lecce non ha semplicemente recuperato la vivacità agonistica smarrita dopo la trasferta bresciana (la sfida interna con la Juventus va inquadrata senza dubbio sotto un altro aspetto, visto la caratura dell’avversario, che aveva necessariamente condotto nell’occasione ad una tattica prudente). La squadra ha offerto qualcosa in più: ha dato l’immagine di un gruppo agguerrito, affamato di gioco, nutrito in settimana di sana "cattiveria". Riflettendo così la carica di un allenatore in aperta sfida contro la contestazione della piazza. E, forse, anche un poco con se stesso.
A Verona Cavasin aveva senza dubbio offerto dimostrazione di eccessiva cautela, evitando di impostare un Lecce esplicitamente offensivo, anche dopo il secondo vantaggio scaligero. Con una Fiorentina priva di Chiesa e in una situazione societaria al limite della catastrofe, ma non per questo da sottostimare in tema di nomi, il Lecce è invece sceso in campo imbottito di adrenalina, quel principio attivo, puro, delle ghiandole surrenali che si fa un caffellatte di nandrolone e compagnia brutta. Approfittando impietosamente di una difesa piuttosto trasognata, ha inferto un micidiale uno-due che ha svilito le velleità dei viola, risorti di lì a poco (e per poco… giusto la seconda metà del primo tempo) sospinti dalle ali di una disperazione nera.
Al di là dei singoli, tutti all’altezza della situazione – tolte le inevitabili imprecisioni del caso, che ci stanno in una gara aperta, a ranghi allungati - ha ben impressionato soprattutto il Lecce della ripresa. Smarrite parte delle energie in una prima frazione disputata a ritmi indemoniati, rispetto al passato la squadra ha saputo coprirsi in seguito abbastanza autorevolmente, senza pesanti sbavature o timori (eccetto un paio di amnesie) e riesumando in particolare un efficace contropiede nel momento opportuno, fino all’espulsione di Taglialatela che ha fatalmente sancito anche la scomparsa dal terreno di gioco della Fiorentina.
In quel momento, il Lecce ha saputo finalmente sfatare l’antico tabù dell’incapacità di chiudere le gare prima del fischio finale. Trascinatori si sono dimostrati Tonetto e Vugrinec, finalmente in grado di sciorinare una condizione più che accettabile, oltre che i due miracoli chiamati da Corvino dall’Uruguay a dare una svolta decisa alle ambizioni del Lecce: Giacomazzi e Chevanton.
Il 4 a 1 finale è un risultato che rilancia decisamente il Lecce, e non solo in classifica. Conferisce considerazione verso questa squadra, rende il compito della prossima avversaria, la Roma, più arduo del previsto (ammesso che in serie A si possano ancora fare di questi discorsi). Confidando nel miglior Chevanton, la formazione salentina può vantare un meccanismo offensivo che si avvale di rapidità e precisione. Alcune fasi d’attacco viste con la Fiorentina hanno reso chiaramente l’idea di una formazione capace di miscelare sapientemente concretezza e stile. E non è poco, per chi necessariamente parte con aspirazioni piuttosto frenate.