Duro ma leale: il Lecce strappa alla Juve un punto e gli applausi.
La Juve perde stile e assume il vizio. Senza aggiungere nulla su alcuni personaggi in maglia bianconera, rispetto a quanto già sentenziato a destra e a sinistra dai media dopo la vergognosa baruffa finale, si può solo fare una piccola considerazione: se un casato nobile perde il suo segno distintivo, il blasone di cui si fregiava un tempo, un savoir faire che lo distingueva sempre, nella buona e nella cattiva sorte, allora è pessimo segno. Il tempo riesce ad insinuarsi nel substrato, a modificare comportamenti, abbrutendoli.Questa Juventus litigiosa fino alla grossolanità, non certo contenuta in tema di manate, spintoni e cazzotti ben assestati, non si distanzia certo da una realtà, quella del calcio moderno, fatta di eccessiva aggressività fisica e verbale, spacciata ancora da qualcuno per agonismo. Anzi, proprio perché ex detentrice di un’eredità persa a pezzi strada facendo, questa Juve può tranquillamente assumere oggi il ruolo di portavoce negativo di una miseria paradossale, quella di uno "sport" che è quasi ridicolo definire ancora tale, perché ormai solo business alimentato da cifre astronomiche, fino all’esasperazione, allo stress mentale.
Tuttavia – strano ma vero – a Lecce s’è tutto sommato giocata una partita di calcio, almeno fino a poche manciate dal termine. Una partita tra forze impari contrapposte, dove Cavasin ha dovuto muovere le sue pedine su una scacchiera rovente, sulla quale era necessario difendersi, con fisicità, per non essere dominati. E questo Lecce veemente e muscolare, senza dubbio per "ragion di stato" meno attraente che a Brescia, è risultato particolarmente attento, deciso, anche se mai talmente cattivo da giustificare la mischia finale in area giallorossa. Nella quale, invece, è probabilmente sgorgata con impeto la rabbia di una squadra, la Juventus, scesa all’improvviso trasognata in mezzo ai comuni mortali, ancora incapace di credere che un gara potesse terminare senza tre punti a suo vantaggio da mettere in saccoccia.
Un altro deciso passo in avanti per un Lecce che finora ha espresso forse solo una minima parte delle potenzialità di cui dispone. Quattro gare senza sconfitte da annoverare al proprio attivo, nel quadro dell’agguerritissima serie A attuale, rappresentano qualcosa di più dei punti che la squadra possiede (e si dice che sarebbero potuti essere di più... ma rigori e gol falliti da due metri ci stanno, nel computo di una stagione). Il Lecce ha le armi per ambire ad un campionato rispettabile, insomma. A patto che sappia continuare a coniugare l’umiltà che finora ha distinto questo gruppo con l’efficacia sul piano tattico. E contando anche su quel pizzico di buona sorte che, si sa, aiuta gli audaci.
Come si presenterà a Verona, allora, questa squadra, domenica prossima? Con il Brescia (a torto) s’era creduto che potesse cercare una tattica di ripiego, in copertura. Invece, il Lecce ha giocato talmente a viso aperto "rischiare" la vittoria. Alla luce di ciò, il Verona di Malesani, roccioso e rapido, sembra fare comunque meno paura, ora che quattro scogli come Parma, Piacenza, Brescia e Juventus sono stati aggirati. La partita si preannuncia scoppiettante. Gli scaligeri, che finora hanno destato le loro buone impressioni, arrivano da una sconfitta ed hanno brama di riscatto. Il Lecce, dal canto suo, ha il carattere glaciale dell’opportunista e vanta una certa solidità difensiva e a centrocampo. È una gara di fascia secondaria solo per modo di dire, dunque. Molti occhi saranno puntati su questa sfida.