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Calcio/L'Editoriale a cura di Emilio Faivre

Data: 22/06/2001 - Ora: 10:11
Categoria: Sport

Un’intera provincia s è attaccata con la forza dei nervi, tesi allo spasmo, alla coda del suo "Topolino" Vasari, l’eroe (quasi) per caso, piovuto dal cielo per fare le veci del grande assente, il bomber Lucarelli, nei piedi del quale doveva essere delegata ogni residua speranza di salvezza. Tutto il Salento s’è simbolicamente stretto attorno all’ultimo vagone disponibile, nella folle corsa del treno dei sogni. Il treno che percorre i binari di un mondo di incredibili passioni, quale ancora, e dopotutto, sa essere anche questo calcio dei veleni. Un mondo davvero strano, dove la gioia più immensa a volte è riposta nella freddezza dell’algebra, vera redentrice di un Lecce che – senza l’arma letale della classifica avulsa – fremerebbe ancora, in attesa dell’ultimo verdetto di quell’angosciante "Tribunale di Cassazione", al quale può essere paragonato uno spareggio.Ed è stato meglio così, perché le ultime giornate stavano consegnando alle cronache un Lecce quasi in disarmo, rispetto alla quadratura del cerchio ritrovata nelle case delle rispettive concorrenti. Ovviamente è impossibile stabilire con certezza se e quanto avrebbe retto la squadra di fronte allo scoglio di un incontro supplementare. Ma, la frana generale registrata a pochi passi dall’avvio di un pessimo girone di ritorno, tra sospette spaccature nello spogliatoio ed incapacità nel portare a termine agevolmente ogni sfida, lascia presagire che, in caso di spareggio, difficilmente il Lecce avrebbe trovato la serenità necessaria per far fronte all’impegno. Che sarebbe stato probabilmente portato a termine non con quella sana determinazione che nasce dalla concentrazione verso l’obiettivo, ma con un’aggressività negativamente distribuita, fino alla dispersione delle energie ed al tracollo. Meglio così, allora. Meglio che il Lecce abbia avuto l’opportunità di aggredire una Lazio priva di motivazioni reali, con uno scudetto ormai quasi saldamente ancorato sul petto dei cugini. Una cosa va però detta, chiaramente, a scanso di ogni equivoco. Nonostante le incertezze, i timori, i cali di forma, mai come quest’anno la salvezza appartiene al Lecce più che alle concorrenti. È un obiettivo meritato, giusto, sacrosanto. Premia l’oculatezza in alcune scelte della società, in fatto di organico. Nulla da dire, su questo aspetto: la formazione era sulla carta nettamente superiore a quella dell’anno passato. Si è tentato di chiudere le falle in certe posizioni in campo, soprattutto sulle fasce (e, anzi, in tal senso fa ben sperare la riconferma di Tonetto, il cui cartellino è stato interamente acquisto dal Lecce in questi giorni); si è sostituito in avanti il partente Sesa con un giocatore forse persino superiore, quale s’è dimostrato Vugrinec; s’è rimpinguato il centrocampo con nuovi, affidabili elementi, da affiancare alla vecchia guardia. Non tutto è andato per il verso giusto, certo. Ma questo è il gioco del calcio. O, se vogliamo, della vita stessa. Ma un altro, grande protagonista di questa stagione merita una menzione speciale, uno spazio tutto suo. È il tifo salentino, mai interamente appagato dai risultati, eppure sempre infuocato, sempre appassionato nell’indomabile attaccamento ai colori della maglia. Vive da sempre nell’illusione di poter incitare un giorno una formazione in grado di ampliare l’orizzonte delle sue mete. Nell’attesa (vana?), continua ad abbracciare con fedeltà la squadra, anche nei momenti più bui, preparato alla sofferenza da anni di anonimato, anche dagli eredi che gridavano sui gradoni nelle serie inferiori, e che pure hanno saputo trasfondere un sentimento per i colori giallorossi che si è mantenuto inalterato nel tempo. Anzi, s’è alimentato, con il crescere delle categorie, ed ora con questa serie A nella quale ora il Lecce cerca un suo equilibrio, dopo anni di altalena. La curva leccese, cuore pulsante e motore di un tifo che non sembra avere uguali per intensità e trasporto, merita nuove ambizioni. Come lo meritano tutti, perché nessuno, dalla società all’ultimo tifoso, è stato solo uno semplice spettatore, ma anche artefice di questa salvezza. Il Lecce è sempre più patrimonio comune.

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