Che vi sia un tentativo di ostacolare il Lecce per favorire questa o quella formazione, sembra più frutto di fantasie malate, di una distorsione nella visione del mondo del calcio. Ma è pur sempre la naturale, per quanto inverosimile, conclusione che si raggiunge quando ci si trova a dover commentare non delle partite, ma delle vere e proprie rappresentazioni farsesche, condite di tutti gli elementi giusti per farne delle tragicommedie in piena regola.
A Verona il signor Pellegrino ed i suoi collaboratori avevano ostacolato la vittoria del Lecce, avvalendosi probabilmente di una sorta di nuovo manuale delle regole del calcio, a loro esclusivo uso. Con il Parma la burla ai danni del Lecce (e del calcio, soprattutto, della sua credibilità) s’è ripetuta. Questa volta ad impersonare il ruolo di antagonista dei salentini è stato Saccani da Mantova: madornale la svista sul palese fallo di mani di Lamouchi, che ha iniziato l’azione del gol del pareggio, ed affrettata la seguente decisione di espellere un Lucarelli la cui irrequietezza, impulsiva e criticabile, è stata comunque comprensibile.
Ma non si possono mettere esclusivamente gli errori arbitrali nel menu dell’ultimo Lecce, quello di due mesi a questa parte, per giustificare certi risultati. La squadra sta crollando sotto il suo stesso peso, un fritto misto ed indigesto di falle tecniche e calo atletico dei suoi uomini migliori. E poco consola il fatto che, fosse finito domenica, il campionato avrebbe comunque decretato la salvezza, in virtù di un miglior punteggio negli scontri diretti (una delle ultime carte che ora il Lecce si trova a dover giocare). Colpisce infatti lo sguardo del pubblico più quella rattristante sequela di dieci gare senza racimolar vittorie. Un pessimo rendimento, una marcia che alla ragione lascia ben pochi spiragli, possibilità di trovare un’ancora di salvezza, un appiglio.
Allora, è solo con il cuore che si va avanti, in questi casi. Ed il Lecce dovrà gettare il suo oltre il prossimo ostacolo, quello di Bologna, forse l’ultimo prima della sentenza definitiva. Superando se stesso, le proprie carenze. E dovrà farlo soprattutto per la splendida tifoseria che lo segue. Non è retorica: in altri luoghi, da tempo in molti avrebbero abbandonato la barca.
Cos’è piaciuto
In una serata da incubo, ha brillato la caparbietà di Viali, culminata nella splendida punizione che ha battuto un brillante Buffon. Proprio lui, che notoriamente non annovera piedi di classe, ha pescato il jolly che poteva salvare in anticipo un’intera stagione. E sarà da lui che dovrà partire la spinta per un’impresa a Bologna. A parte Viali, grande protagonista s’è dimostrato Tonetto, tornato al rendimento di un tempo. Peccato che abbia finito per predicare in mezzo ad una scacchiera vuota di pedine offensive. Quando l’ha capito, s’è portato da solo in area, e solo il solito Buffon – con una parata capolavoro – gli ha potuto strozzare in gola la gioia per un gol da ricordare, sia per fattura, sia per importanza.
Cosa non è piaciuto
Vugrinec mezzo infortunato è stato un brutto colpo, per il Lecce. Entrato nel finale, a giochi ormai fatti, non ha potuto far nulla per cambiare la sorte. Certo, in una gara così, in molti si sono chiesti se Cavasin non avrebbe comunque potuto e dovuto schierare una formazione più offensiva, con Osorio o Vasari in supporto di Lucarelli. Evidentemente, l’allenatore ha deciso di non esporsi troppo, nella consapevolezza che, contro un Parma così (davvero diverso, rispetto all’andata), un pareggio non sarebbe stato male. In mezzo al campo, poi, non ha brillato Ingesson. Ultimamente lo svedese ha il passo lento ed appare a volte confuso, con la palla tra i piedi. Neanche Giorgetti ha fatto vedere cose egregie, sebbene a sua discolpa si possa dire che il ruolo di esterno non ne esalti le caratteristiche.