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Calcio/L'Editoriale a cura di Emilio Faivre

Data: 23/05/2001 - Ora: 12:36
Categoria: Sport

La politica dei piccoli passi. Quella che non rende giustizia al lato estetico del calcio, che pure esiste. Ma che appartiene ad altre sfere. Nella torbide acque dove ora il Lecce rischia di affogare, ci si aggrappa e ci si strattona l’un l’altro. Non c’è spazio per il virtuosismo, per la leziosità. Tra le onde, qualcuno scalcia e si libera dalla presa, i più deboli demordono e si lasciano annegare. Ed il campionato ha già dettato la sua prima sentenza: via il Bari. Ha mollato i giochi prima degli altri. E ora, è l’intero Sud che rischia di crollare. Sotto lo schiacciante peso di una vigoria, una prepotenza fatta di miliardi, quelli di un ricco Nord che, anche quando non ambisce a tagliare traguardi di prestigio, può concorrere alle stesse, umili mete di un Lecce qualunque con un Baggio in più nel motore.

Già, un Lecce qualunque. Presuntuosamente affascinante per gran parte della stagione. Poi, scaraventato giù da un trono più instabile di quanto si credesse. Con Reggina e Napoli tuttora invischiate, nonostante gli evidenti segnali di ripresa, con una serie B che sta per lanciare in orbita altre palate di formazioni settentrionali, il Lecce ed il Salento quell’estremo lembo di terra proiettato tra due mari, rischiano di essere l’unica realtà di un Sud sempre più lontano dalla mappa del calcio che conta. "Mors tua, vita mea", dicevano gli antichi. E la lotta, mette contro proprio le uniche rappresentanti del Sud. C’è poco da fare: da queste parti non ci si lascia andare a sentimentalismi. "Mors tua, vita mea".
La politica dei piccoli passi, inaugurata a Verona, è dunque proseguita anche a Vicenza. C’era davvero poco da fare: correre rischi, quando dietro la classifica risucchia come un aspirapolvere, è pura follia. Anche perché, di questi tempi, l’attacco del Lecce sembra aver finito le frecce. Lucarelli si aggira stancamente nelle aree avversarie, fantasma in pena sempre in attesa di un’illuminazione. E proprio chi dovrebbe illuminarlo, ha i fari spenti e vaga lento nella notte. Vugrinec, Tonetto, Giorgetti stanno in riserva, e si vede. Ma forse, è anche la paura a giocare questi tiri. Si vorrebbe correre, a volte, macinare terreno, mangiare gli avversari, saltarli come birilli e sparare nel sacco, scaricando la rabbia interiore. Ma le gambe ascoltano il cervello, e il cervello invita alla prudenza. Ci si barrica dietro, allora. E tanti saluti. Il punto, visto da questa prospettiva, è prezioso. Certo, il gol manca da tre giornate (in realtà da Verona, ma… bontà di Pellegrino…). La classifica s’è accorciata ancora, di un punto. Ed il Parma di quest’ultima porzione di torneo non è l’antagonista di qualche tempo fa, quando languiva, prodigandosi in graditi doni (ed il Lecce ha già gradito, come si ricorderà). Cercare la vittoria si può. L’incubo Brescia deve essere allontanato, il Lecce deve ritrovare la stessa energia che l’ha condotto a trafiggere il Milan tre volte, a spezzare l’incantesimo scudetto della Juventus. Ed aggiungervi quel tocco di più sana circospezione in difesa. Proprio come a Verona e a Vicenza. Tre punti con il Parma potrebbero spianare nuovamente la strada, far ritrovare la via perduta. Tentare si può. Il bello del calcio è proprio di non essere una legge certa.
Cos’è piaciuto Il tifo leccese, ancora una volta, come sempre quest’anno. Rovente, appassionato, indomabile: se mai esiste una tifoseria che fa fede ai colori caldi per definizione, il giallo ed il rosso, allora è proprio quella salentina. Spinge quando il Lecce attacca, incita quando si difende. Un esercizio che si ripete puntualmente ogni domenica, che stupisce i tifosi avversari. Così, a Vicenza, quando i contenuti tecnici della gara si perdono in un gioco oscuro, per paura reciproca di perdere, i veneti si godono lo spettacolo dei salentini in festa ("chissà perché", si chiederanno, non sapendo che il folklore salentino va al di là dei contenuti di un incontro), un vero teatro popolare improvvisato.
Cosa non è piaciuto Come a Verona, anche a Vicenza ha difettato notevolmente l’organizzazione. Un arrivo in massa di tifosi leccesi da mezza Italia era largamente preventivabile, vista soprattutto la grande importanza della gara. E, nonostante tutto, per il settore ospiti era aperto un unico botteghino. A mezzora dall’inizio dell’incontro, ancora si snodava sotto un sole cocente una coda sempre più spazientita di tifosi. Per fortuna, non è accaduto nulla. Il buon senso ha prevalso. Ma spontaneo sorge un interrogativo: cosa avrebbero combinato altre tifoserie meno disposte a sopportare con eccessiva correttezza forme di disorganizzazione che sconfinano nella provocazione? Il leccesi, si sa, reagisce più con la lingua, notoriamente tagliente. E qualcuno, in mezzo alla folla, ha gridato (sollevando l’ilarità generale): "Non siamo nel ricco Nord? Bene, prendete qualcuno ed assumetelo per lavorare nel botteghino accanto!".

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