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Calcio/L'Editoriale a cura di Emilio Faivre

Data: 15/05/2001 - Ora: 13:10
Categoria: Sport

La vergogna corre sul fischietto. O su una bandierina. Sono gli strumenti del potere calcistico, croce e delizia delle tifoserie. Possono decretare l'esito di una gara, persino di una stagione, al di là degli effettivi meriti. Il Lecce non avrebbe certo meritato la vittoria a Verona. Non ha giocato per vincere, non ha quasi mai affondato il piede sull'acceleratore, tranne nelle battute finali, quando è scattata la molla della rabbia. E cioè in seguito all'inusitata, sconvolgente decisione della terna arbitrale, che ha tolto alla squadra i tre punti della virtuale salvezza. E della conseguente semicondanna per il Verona.

L'applicazione del regolamento in merito al fuorigioco passivo è una delle armi a doppio taglio più pericolose del campionato. L'interpretazione di una situazione di fuorigioco ininfluente rispetto all'azione in corso è, ovviamente, discrezionale. E non potrebbe essere altrimenti: qualcuno deve pur giudicare, soprattutto in occasione di manovre confuse, di affollate mischie in area. Non sempre è facile pervenire ad una soluzione, bisogna ammetterlo. Però, il caso di Conticchio rispetto alla legnata di Piangerelli, potrebbe essere adottato come prototipo da manuale di un caso evidente di fuorigioco passivo. Sembra difficile, quasi impossibile credere che si possano raggiungere conclusioni differenti. Le moviole hanno avuto l'unica funzione di manifestare ancor di più, di consacrare quasi la chiarezza della passività di Conticchio nell'azione. Ma quasi non sarebbero servite, le telecamere, per stabilire la regolarità del gol di Piangerelli: dal campo o dagli spalti, da qualsiasi prospettiva si fosse visto, il gol era semplicemente, nitidamente regolare. A questo punto, non si può che pervenire a due conclusioni, e a nessun'altra: il giudizio sull'azione può essere stato condizionato o da malafede (e non ci crediamo… non ci speriamo…) o da incompetenza. Il caso è grave e se non farà discutere come dovrebbe, è solo perché non ha sfavorito una delle pretendenti allo scudetto. Tuttavia, potrebbe influire sul risultato del "campionato dei poveri", su una coda della classifica che vede il Lecce recuperare un punto, salire nuovamente a più quattro dalle paludi mobili della retrocessione, ma non per questo certamente salvo. In conclusione, dunque, è bene ribadire un concetto. Ed integrarlo con un altro: il pareggio a reti inviolate rende esattamente l'idea l'andamento della gara, nella quale il Verona s'è prodotto in uno sterile arrembaggio, con un Lecce preoccupato solo a difendersi. Tuttavia, nel calcio - com'è noto e lapalissiano… - vince chi fa gol. Il Lecce il suo l'ha fatto. Gli è stato tolto, gli sono stati rubati tre punti. Il furto resta. E fa male.
Cos'è piaciuto In una gara nella quale non hanno brillato i singoli, è stata l'unione del collettivo l'arma vincente. Ed una volta tanto, la difesa ha retto bene le incursioni degli avversari, grazie anche all'abile regia di Viali. Il Verona ha impensierito raramente Cimenti, comunque molto concentrato ed attento negli interventi, quando è stato chiamato in causa. Nel finale, Juarez (beccato dal pubblico veronese per via della sua pelle, sgradevole presenza in certe zone della civilissima Italia), ci mette tutta la grinta e l'esperienza di cui dispone. A centrocampo, Piangerelli è ormai baluardo insostituibile: è in un'ottima condizione atletica e Cavasin non se ne stacca più, in questo finale di stagione.
Cosa non è piaciuto L'attacco. Semplicemente latitante. Vugrinec s'è fatto apprezzare solo per una rabbiosa incursione solitaria nel finale, Lucarelli - isolatissimo - non ha praticamente mai toccato palla ed a liberare il suo destro violento. Vero, però, che ultimamente le fasce, da cui dovrebbero arrivare i migliori servizi, non stanno brillando. In particolare Tonetto, uno dei punti di forza, stenta un po' a trovare il passo giusto in queste fasi conclusive del campionato. Neanche Giogetti, solitamente abile a "sfondare" dal centro, riesce a creare i soliti varchi.

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