Senza parole. Squadra e dirigenza non hanno voluto commentare l’incubo di un sabato sera delirante. Al cronista stesso vengono meno le parole, i pensieri. Il Lecce è ora una grande pentola vuota, dopo una pessima cena. E all’orizzonte si addensano nuvole minacciose. La burrasca è vicina, il mare inizia ad incresparsi e la ciurma è timorosa. Le prossime due trasferte rischiano di trasformarsi nell’iceberg che affondò il Titanic ed i segni di risveglio mostrati con il Milan prima, in casa della Juventus poi, sebbene davvero dietro l’angolo solo di un paio di settimane, non sono mai sembrati così lontani.
Fuori condizione fisica e vittima del proprio autolesionismo, che ha portato ad un approccio mentale assolutamente negativo, il Lecce non ha fatto altro che esaltare le doti balistiche di un Baggio, sì, strepitoso, ma che non attendeva altro, se non una squadra appoggiata mollemente su ginocchia incerte, per divertirsi, a tratti persino umiliare una retroguardia che gli andava dietro terrorizzata, sconcertata, con tre uomini per volta, aprendo intere praterie. Dal canto suo, capitolata a causa di un fritto misto di sfortuna ed indecisione sul grottesco gol iniziale, la squadra s’è sbattuta per novanta e passa minuti in un’inconcludente dimostrazione pratica del come-non-si-gioca-a-calcio, fatta di lanci lunghi e patetiche sgroppate di eroi solitari, senza seguito da parte dei compagni.
Vero artefice della vittoriosa missione del Brescia, che ora guarda con serenità alla restante porzione di campionato, è stato però il saggio Mazzone. Ha tolto al Lecce l’unica vera arma a sua disposizione, l’uso delle fasce. Sulle quali Balleri e Tonetto sono stati i grandi latitanti del sabato sera. Non ha potuto fare a meno di notarlo lo stesso Cavasin, in una sfuriata verso il numero 24 del Lecce, a gara ancora in corso. Insomma, tanto nervosismo (emblema il caso di Osorio, che ad un certo punto ha avuto la bizzarra idea di scagliare il pallone contro il direttore di gara…) e poco, pochissimo calcio. Ad aiutare il Lecce ci ha pensato solo il Napoli, crollato sotto i colpi impietosi del Napoli. Ma le consorelle venete, Verona e Vicenza, risorte a spese di Fiorentina e Reggina, non hanno mai fatto tanta paura. Ora ci vuole una doppia prova di carattere. Di quello che il Lecce ha chiuso incomprensibilmente in un cassetto.
Cos’è piaciuto
L’appoggio della curva, che ha appoggiato la squadra anche dopo la prostrazione. Ora basta fare gli offesi: la contestazione dopo il derby dei tifosi, il muso lungo dei giocatori offesi che non hanno esultato dopo il gol di Torino devono restare episodi isolati. Ci vuole unione d’intenti, forza di gruppo, grande energia per uscire da una situazione che rischia di trascinarsi nel dramma.
Cosa non è piaciuto
È il caso di dirlo? Il Lecce…