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Data: 27/10/2006 - Ora: 12:10
Categoria:
Cronaca
Seconda la Gdf, una società di Bari e una coop avrebbero gestito vari call center pagando - a nero - le impiegate meno della metà di quanto avrebbero dovuto ed evadendo il fisco per 800mila €
Più di mille lavoratori, 1.069 per l'esattezza, impiegati in nero nell'arco di due anni in sei call center e mai dichiarati allo Stato. A gestire questo affare sono state due imprese baresi che hanno così evaso contributi per oltre 800mila euro. L'attività è stata scoperta dalla Guardia di Finanza di Bari che ha individuato i call center oltre che a Bari, a Frosinone, Napoli e Pescara. Vi erano impiegate in gran parte giovani donne in cerca di prima occupazione.
L'operazione è stata condotta nei giorni scorsi dai militari del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Bari, che dopo mesi di indagini tributarie e appostamenti hanno scoperto l'attività svolta in modo illecito da una società con sede a Bari e da una cooperativa con sede a Triggiano, a una decina di chilometri dal capoluogo pugliese.
I particolari sono stati resi noti oggi dal comandante del primo gruppo Tutela entrate, tenente colonnello Raffaele Mele, e dal comandante del primo gruppo sezione Iva ed imposte dirette, capitano Luigi Carbone. Attraverso la cooperativa, la società - ha spiegato il capitano Carbone - reclutava giovani donne di nazionalità italiana in cerca di occupazione e le impiegava per pubblicizzare prodotti e corsi informatici a basso costo in sei call center, di cui 3 a Bari e gli altri a Napoli, Pescara e Frosinone.
«La scoperta di una doppia contabilità in nero - ha aggiunto Carbone - ci ha permesso di calcolare che nel biennio 2004-2005 le aziende regolarmente registrate, ma sconosciute al fisco, avevano omesso di versare all'erario ritenute per quasi 200mila euro a fronte di emolumenti corrisposti in nero per un totale accertato di circa un milione di euro». Ammontano invece a circa 800mila euro i contributi previdenziali non versati in favore dei lavoratori.
Ora la società e la cooperativa, che provvedeva alle assunzioni e alle retribuzioni attraverso assegni circolari, rischiano sanzioni da 1.500 a 12.000 euro per ogni lavoratore, maggiorate da 150 euro per ogni giornata lavorativa effettiva; le sanzioni saranno emesse attraverso la direzione provinciale del lavoro.
Dalle indagini è stato accertato che le giovani donne, dopo un colloquio iniziale con i titolari delle aziende, venivano impiegate per un periodo di prova non superiore a tre mesi con la prospettiva di essere poi assunte regolarmente. Cosa che invece non avveniva, perchè allo scadere dei tre mesi, se non prima, venivano allontanate definitivamente dal posto di lavoro, senza alcuna giustificazione.
I lavoratori - hanno detto gli investigatori - facevano turni da 3 a 6 ore di lavoro e ognuno di loro percepiva, secondo quanto loro stessi hanno detto, tra i 2,65 ed i 2,90 euro all'ora contro i 6,50 previsti dalla norma. Le linee telefoniche dei call center e tutte le altre bollette erano intestate a prestanome.
I finanzieri hanno sottolineato che questo tipo di interventi in un settore così delicato non può che portare benefici alla condizione sia dei lavoratori sia di tutti gli imprenditori che operano sul mercato rispettando le regole.
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