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Bari, il Presidente del Consiglio regionale scrive al Ministro dell'Agricoltura

Data: 12/07/2001 - Ora: 14:03
Categoria: Politica

Una recente direttiva comunitaria (la 129, pubblicata sul bollettino dell’Unione Europea lo scorso 11 maggio), obbliga i produttori agricoli dei Paesi aderenti all’Unione ad osservare tassative disposizioni in merito alla produzione ed alla commercializzazione dei fagiolini che, come lei ben sa, sono dei vegetali che si consumano come verdura, ottimi con gli spaghetti, pomodorino fresco e spruzzatina di cacio, buoni anche lessi, conditi con un filo di olio extravergine d’oliva, preferibilmente pugliese.

Dal testo desumo che il commissario all’agricoltura, Franz Fischer, ama la precisione più assoluta se si spinge a suddividere i fagiolini in tre categorie: il tipo "extra" (perfettamente "turgido", "diritto", "senza filo", assolutamente privo di alterazioni se non alla "radice del peduncolo"); il secondo, al massimo, può avere "lievi difetti di forma, di colorazione o alterazioni della buccia", ma deve presentarsi comunque "turgido" e "senza filo". Alla qualità meno pregiata sono riservate maggiori concessioni: si possono rilevare addirittura "lievi tracce di ruggine" sulla pellicola esterna, può essere anche "poco sviluppato", sino ad avere "difetti nella buccia" ed i famigerati "fili" sul peduncolo. L’importante, per questa categoria, è che il fagiolino sia quantomeno "sufficientemente tenero". La nuova norma europea introduce anche la misura standard del vegetale: sono infatti commerciabili solo i fagiolini di larghezza inferiore a 12 millimetri. La larghezza, precisa il regolamento, dovrà essere misurata "perpendicolarmente alla sutura dell’ortaggio". Dinanzi a queste norme provo un certo imbarazzo: mi immedesimo nel produttore agricolo che per rispettare le disposizioni dovrà affidare l’intera produzione ad un esercito di geometri ed ingegneri che armati di calibro e speciali strumenti di rilevazione, dovrà procedere inizialmente alla misurazione dello spessore del singolo fagiolino, scartando quelli superiori ai 12 millimetri, verificare la turgidità di ogni vegetale e con una lente d’ingrandimento scorgere eventuali difetti e macchie sulla superficie. I fagiolini che avranno superato la rigida selezione potranno essere avviati alla commercializzazione, con tanto di certificazione di qualità. Se questa non fosse una legge della Unione Europea a cui l’Italia appartiene e pertanto ha l’obbligo di rispettare, ci sarebbe da sorridere. Purtroppo tale è, ed allora non posso che provare sgomento per norme assurde che dimostrano l’eccessivo zelo e la spropositata ingerenza dell’Unione Europea nelle nostre abitudini alimentari: era accaduto in passato con pi-selli, uova, asparagi, lupini e pomodori. Più recentemente anche spaghetti e pizze erano finiti nel mirino dei burocrati di Bruxelles. Da consumatore respingo le astruse ed inconcepibili complicazioni legislative che turbano consolidate abitudini alimentari e si prestano anche ad altre considerazioni di più vasta portata ed implicano il rapporto tra cittadini ed istituzioni. Ai legislatori regionali, nazionali ed europei, è affidato il compito di rendere più chiaro ed intellegibile qualsiasi provvedimento legislativo per semplificare anziché complicare, la vita degli amministrati. Cosa vuole che faccia un agricoltore che da oggi dovrà adeguarsi alla nuova normativa europea riferita ai fagiolini? Per ben che vada passerà il resto della sua vita a misurare il diametro dei fagiolini e dei legislatori penserà che sprecano il loro tempo a redigere inutili ed astruse norme. Con questo la invito a farsi interprete presso le istituzioni europee del mio disagio che è poi quello della maggioranza dei cittadini: la preoccupazione generale non è rivolta alla "turgidità" o alla dimensione del fagiolino; l’aspettativa è di vedere risolti problemi ben più gravi e la Puglia, come lei ben sa, in agricoltura, ne ha tanti. Cordialmente Mario de Cristoforo

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