Sono già più d'un milione i kosovari deportati o fuggiti dalla loro terra e il loro drammatico esodo è accompagnato da fenomeni di sciacallaggio e di contrabbando, da truffe, da furti che troppo spesso rallentano l'opera dei soccorritori, rendono vani i tentativi dei volontari e degli organismi ufficiali di portare aiuti umanitari. Tonnellate di viveri, tende, medicinali escono dalla dogana dell'aeroporto Rinas di Tirana e spariscono nei magazzini, si perdono fra mille timbri. (MN)

Lo stesso ministro delle Finanze albanese, Anastas Angelj, in un documento riservato parla di "forte preoccupazione per le frodi e le lentezze" nella macchina dei soccorsi. A Kukes, a Kruma, a Tropoje, ai confini col Montenegro, dove si ammassano i profughi a decine di migliaia, i container sono arrivati a singhiozzo non soltanto perché le strade sono impraticabili. In molti posti di blocco i poliziotti chiedono una tangente di 10 marchi a testa per far passare i convogli. Molti aiuti indirizzati all'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) o inviati direttamente al governo albanese non sono mai arrivati a destinazione: omogeneizzati e vestiti da Vienna; coperte e medicine dal Pakistan; taniche d'acqua partite in camion da Trieste e sdoganate a Durazzo; materassi, lenzuola e latte scaricati a Valona. (MN)